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Land of Mine - Sotto la sabbia

Regia di Martin Zandvliet vedi scheda film

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La recensione su Land of Mine - Sotto la sabbia

di supadany
8 stelle

Ennesima pagina cinematografica sulle atrocità umane determinate dai grandi conflitti e con vittime indifese; la Seconda Guerra Mondiale continua ancora oggi a regalarne di inedite, quelle più recondite con numeri di vittime inferiori, ma ingiustizie comunque difficili da sostenere, con un odio covato, anche in parte giustificato, che però esplode contro chi si è ritrovato a vivere in una realtà che non gli competerebbe.

Un racconto che sa manifestare crudeltà, ma che si ricorda anche della speranza perché da qualche parte bisogna sempre riuscire a ripartire.

Danimarca maggio 1945, la guerra è finita, ma le coste danesi contano circa due milioni di mine da rimuovere; il compito toccherà ai soldati tedeschi, ma per lo più ormai sono rimasti solo ragazzini inesperti.

Un gruppo di loro viene affidato al sergente Carl (Roland Moller) che odia con tutto se stesso i tedeschi ma stando al loro fianco imparerà a vederli per quello che sono, ovvero giovani ancora lontani dall’essere uomini.  

 

Roland Møller

Land of Mine - Sotto la sabbia (2015): Roland Møller

 

Ci sono date scritte in calce nella storia, ma per certi eventi drammatici vi è una coda lunghissima, un periodo nel quale l’umanità tarda ad affrancarsi e la giustizia rimane fuori dalla visuale.

Diventa facile, ai limiti dell’inevitabile, trovare un nemico da condannare, più difficile essere presenti in una lunga tacita “esecuzione”, conoscere altri esseri umani inermi anche se poi basta un incidente a far crollare tutto rimane pur sempre qualcosa che si sedimenta, è lo spirito umano che sgomitando lentamente riemerge dalle tenebre di cuori comunque segnati per sempre.

Martin Zandvliet trova i punti di vista migliori per esprimere questi concetti, ovvero attraverso un gruppo di ragazzini impauriti e consci (solo uno di loro ancora “sogna”), così che se le colpe sono attribuili ad una generazione, l’espiazione finisce col colpire chi in fondo ancora nemmeno sa cosa voglia dire “vivere”.

La tensione a tratti si fa insopportabile, la telecamera tiene lo spettatore in costante attesa, lì ad aspettare quell’esplosione che prima o poi arriva, spesso nel silenzio o dopo una lunga sequenza col mare sconfinato sullo sfondo che farebbe pensare a tutt’altro anche se le tonalità sono tipiche del nord quindi virate al freddo.

Assolutamente centrale la figura del sergente Carl, con la quale spesso diventa automatico entrare in contatto, sia per l’odio iniziale (impossibile pensare che non lo provi) che per gli squarci di compassione e quella lotta nel nome della giustizia che lo porta ad immolarsi non prima comunque che tanto sangue innocente sia stato sparso.

Convincente nelle varie angolature richieste dal ruolo Roland Moller, mentre dopo “Royal affair” (2012), dove era un Re matto, ritroviamo Mikkel Boe Folsgaard militare con l’odio negli occhi nel quale si rispecchia il “male” che semplicemente trasla su di una nuova posizione di potere.

Land of mine” è un’opera forte, diretta con scrupolo, con attento sguardo alla composizione e non priva di sfumature (come la pietà, la giustizia ma anche la possibilità di sbagliare), che mette di fronte all’amara realtà delle cose, ricordandoci, più universalmente, che il singolo non può accettare in silenzio ciò che di sbagliato lo circonda ma è chiamato a fare la sua parte anche se può costare caro.

Quando un pezzo di drammatica storia si fa monito universale.    

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