Regia di Morgan Neville vedi scheda film
Un film da vedere, soprattutto per chi ama la musica, e vuole compiere un piccolo viaggio all'interno delle biografie di chi fa una scelta, spesso obbligata, ma difficile, quale quella di fare della musica la propria professione, la propria vita. Anche la cura estetica dell'approccio visivo, che si avvale certamente di mezzi produttivi non di poco conto, è certamente significativa. A volte anche le immagini, supportate dalle armonie e melodie straordinarie di questi fuoriclasse, fanno volare. Rimane il rammarico, però, che con questo straordinario materiale umano, con mezzi produttivi di alto livello, si sia costruito un intreccio un po' debole e frammentario, si toccano vari temi ma quasi mai si approfondisce. Il rapporto tra musica e politica e quindi il rapporto tra arte e politica, è certamente il tema su cui si insiste di più, ma alcune volte il racconto si ferma a livello di bozzetto (vedasi le straordinarie immagini dall'alto di uno sterminato campo profughi in Siria, che si esauriscono in una minilezione di due degli artisti protagonisti), altre volte si compiace nell'inquadratura in controluce del bel musicista iraniano Kayan Kalhor, dal cui volto kusturiziano alla Miki Manojlovic, si cerca di spremere il dolore di un musicista che si trova costretto a vivere lontano dagli affetti e dalla sua terra. Nel racconto ci imbattiamo anche in piccole perle etnografiche, quali quella rappresentata da un gruppo di strampalati musicisti della campagna cinese, probabilmente molto più punk e trasgressivi di Sid Vicious e compagnia, e di cui vorremmo saperne di più, ma non ci viene detto. La camera fluttua leggiadra sulla musica, sui personaggi, sulle esibizioni, sulle belle immagini, straordinaria nell'esibizione iniziale, ma anche nel concerto in cui Cristina Pato, accattivante Salma Hayek della cornamusa, ci incanta per musicalità e sensualità, e ci fa percepire il potere unico della musica di trasfigurare un corpo, eppure ogni tanto vorremmo che si fermasse, la musica in fondo è fatta anche di pause, e chi l'ha studiata sa quanto è importante. Ciononostante a questo film ci sentiamo di perdonare tutto. Se la patina estetica a discapito di qualche approfondimento mancato riescono a veicolare meglio i messaggi della musica quale linguaggio universale, della ricchezza che proviene dall'incrocio di culture, dell'insensatezza delle guerre, dell'entusiasmo per la vita, allora portiamo questo film dalle scolaresche agli ospizi. Prendete, sentite e guardatene tutti.
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