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The Fits

Regia di Anna Rose Holmer vedi scheda film

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La recensione su The Fits

di OGM
6 stelle

Che cosa ci separa dai sogni. Forse solo un momento di dolorosa estasi. Per guardare al di là bisogna interrompere, per un attimo, la rassicurante apparenza della realtà. Occorre slegarsi dal gruppo, per abbracciare la propria irripetibilità. È come svenire, attraversando un attimo di confusione mentale, di respiro affannoso, di misterioso delirio. È il rito iniziatico che fa di una bambina una donna. Che squarcia il fragile velo della fantasia, per mostrare un incanto vero, possibile, da toccare con mano. L’immaginazione può farsi emozione, ed è allora che capiamo ciò che desideriamo diventare, perché i nostri miraggi prendono la forma di obiettivi concreti, benché, comunque, circondati da un alone di magia. La danza è l’arte di essere se stessi in mezzo ai propri simili, esprimendo la propria individuale passione attraverso movimenti coordinati, che rispondono ad un perfetto spirito di squadra. Singolarità ed appartenenza ad un tutto: è il dualismo che riassume l’essenza dell’umanità, della persona che si fa popolo, ma senza con ciò confondersi con la massa. Le ragazzine di una compagnia di ballo americana si ritrovano chiamate, una ad una, ad affrontare questa sfida. Per ognuna di loro l’attacco è un istante di rapimento verso una dimensione visionaria, in cui accade ciò a cui, prima di allora, non avevano nemmeno osato pensare: staccarsi da terra e volare, incontrare la pace assoluta, evadere dalle contraddizioni per giungere alla completezza. Non si tratta, contrariamente a quanto tutti credono, di una malattia, di un’epidemia causata dall’acqua contaminata. È, invece, l’effetto di una sublime capacità di immedesimarsi nelle proprie aspirazioni, per assaporarne il profumo, che è meraviglioso anche se magari è venato da un vago sentore di paura. La poesia di questa idea fa fatica a farsi strada, tra le mura di una palestra di periferia, dove si allenano aspiranti pugili e ballerine in tutine di lurex. Vincere è l’obiettivo ufficiale, la gioia è pura coreografia, il sudore è il prezzo da pagare per il successo. Ci vuole qualcosa che apra uno spiraglio su un’altra felicità, quella che ognuno cova nel cuore, e per la quale non c’è posto nella logica delle gare sportive. Una temporanea allucinazione basta per liberare l’anima dalle ansie della competizione, rivelandole le sue più profonde e autentiche aspirazioni. Il film di Anna Rose Holmer vuole che queste, comunque,  restino invisibili e segrete, note solo a chi le porta dentro di sé, lasciando a noi la sensazione di assistere, da profani, ad un’arcana manifestazione del sacro. È semplice, benché, a suo modo, elegante, il veicolo a bordo del quale The Fits – nella forma di un black movie adolescenziale - intende trasportarci nel mondo fatato delle illusioni a fior di pelle, che fanno tremare di stupore, e che possiamo solo intuire. Si sa che la grandezza – sconosciuta, forse inesistente – è un miracolo da sfiorare appena, con la mente che non capisce, che tende a rimanere scettica. Ciononostante può capitare che si resti imbarazzati e perplessi, quando il discorso pare innalzarsi verso vette che non sono alla sua portata, e che esso si limita ad indicare da lontano. Ma concediamo che il troppo volere sia un tenero vezzo d’autore. E proviamo a cogliere, nel nulla stringere,  il segno di una squisita, graziosa modestia. Allora potremo apprezzare, nell’incerta originalità di quest’opera, il piglio avventuroso di chi non ha paura di accostarsi al non detto, a ciò che non si saprebbe come raccontare, e che però si lascia avvolgere, pacificamente, dal giocoso abbraccio di un girotondo. 

 

scena

The Fits (2015): scena

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