Regia di Valerio Ruiz vedi scheda film
«In tutta la storia del mondo, secondo me ci sono state solo due grandi registe: Leni Riefenstahl e Lina Wertmüller». Sebbene le parole del critico americano John Simon siano poco condivisibili, rendono conto di quanto la Wertmüller sia stata considerata, soprattutto all’estero, paladina di un cinema libero, anarchico, a suo modo geniale. Simon è solo uno tra gli ospiti illustri del debuttante Ruiz, che raduna collaboratori, attori e colleghi della regista per ripercorrere la carriera di quella donna che mai si è separata dai propri occhiali e dalla propria macchina da presa. Lina, 87 anni e innumerevoli film alle spalle, torna sui luoghi dei suoi lavori giovanili e ci racconta sentitamente l’amore per una professione che l’ha divertita ed eccitata, conducendola ora sull’altare delle nomination agli Oscar, ora nella polvere degli insuccessi americani. Dagli inizi teatrali e musicali all’esperienza come aiuto regista di Fellini («ero un pessimo aiuto regista, ma mi facevo perdonare perché ero simpatica», ammette con candido sorriso), dall’esordio con I basilischi all’incontro con l’amore artistico e umano di Enrico Job, fino alle opere della maturità con i loro titoli fluviali: Wertmüller apre l’album dei ricordi e sfoglia, in totale libertà, i capitoli di quella storia d’amore e d’anarchia, sempre grottescamente in bilico tra commedia e dramma, che è stato il suo cinema. Dietro gli occhiali bianchi pecca forse di eccessiva frontalità, ma punta dritto al cuore.
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