Regia di Johannes Roberts vedi scheda film
Lo squalo non passa mai di moda. Lo squalo è come una bella borsetta di Coco Chanel, è come il tubino nero da indossare per i matrimoni o per i funerali, è come la lasagna che si mangia calda di inverno e fredda sulla spiaggia in agosto. “47 metri” è l'ultimo esempio di come questo pesciolone lungo svariati metri non passi mai di moda e di come basti una sua foto in copertina con le fauci spalancate per farmi accorrere alla sua visione. Kate e Lisa sono 2 sorelle che passano una breve vacanza in Messico dopo che Kate è stata lasciata in malo modo dal suo fidanzato. Kate è una ragazza timida e riservata, dalla vita ordinaria senza molta fantasia, ed è proprio questo (pare) il motivo per cui il fidanzato ha rotto con lei. Lisa è invece la sorella più temeraria, che la spinge a rilassarsi e a lasciarsi andare durante una serata di bagordi con 2 ragazzi del posto (ovviamente molto ma molto carini).
I 2 propongono per la mattina seguente alle nuove amiche una escursione nelle profondità marine. Un loro amico ha una barca con una gabbia per immersioni subacquee dalla quale si possono ammirare da molto vicino gli quali . Lisa convince la sorella Kate: “immagina a farti un selfie con uno squalo e mostrarlo a tutti!!”. Con questa “importante” motivazione il giorno dopo le due sorelle si avventurano con i loro nuovi amici per questa emozionante esperienza.
Prima si immergono i 2 ragazzi: tutto ok. Quando si immergono Kate e Lisa, dopo i primi momenti di grande entusiasmo in cui perdono pure la macchina fotografica per il fantomatico selfie, si rompe la fune che regge la gabbia e le poverette precipitano sul fondale che si trova appunto al titolo del film: 47 metri di profondità. Tralasciando che nella realtà cadere a quella velocità senza compensare in maniera adeguata si rischia di rompere quasi sicuramente i timpani, le sorelle si trovano imprigionate nella gabbia con poco ossigeno nelle bombole e senza poter comunicare con la superficie se non uscendo dal gabbione per risalire di qualche metro e ritrovare il contatto radio con la barca. Oltre tutte queste sfighe, non manca la presenza dello squalo: grosso, incazzato, affamato. Una sorta di Leatherface del mare, al quale hanno rotto le scatole per un banalissimo selfie da condividere sui social. La tensione è il vero protagonista, come spesso mi capita in questo genere di film, non riesco ad entrare in empatia con le 2 protagoniste. Mi lascio prendere dalla situazione, dagli stadi di angoscia, ma mi appello sempre al comandamento di Leatherface: non aprite quella porta. Soprattutto se non si è allenati, se non si sa cosa si sta facendo, se non si sa con chi si sta facendo, mai affrontare situazioni pericolose in maniera superficiale.
Kate e Lisa ce la mettono tutta, questo va ammesso, e anche gli amici in superficie non si fanno prendere dal panico e cercano di riportarle in salvo, ma la loro superficialità nell'aver intrapreso una spedizione tanto complessa verrà punita, e lo squalo l'avrà vinta sia nella realtà che nelle visioni deliranti dovute alla formazione di azoto nel cervello delle due ragazze. Film di altissima tensione, in cui -in verità- lo squalo si vede poco, solo il necessario per far capire alle due mal capitate chi è che è il più forte, e che non è certo disposto a mettersi in posa per una fotografia e poi tornare a cuccia. Il poco tempo a disposizione per salvarsi dovuto al poco ossigeno nelle bombole, le disperate escursioni negli abissi tenebrosi, gli aiuti che sembrano vicini e poi spariscono come bolle d'aria permettono al film mantenere un ritmo sempre serrato e i 90 minuti scorrono veramente veloci, senza mai un momento di “stanca”. Che ci posso fare? Adoro questo genere di film, sono la mia debolezza estiva, come i gelati, il cocomero, o la schiacciata con la cecina dopo un pomeriggio di mare. Ad inizio estate, il film con lo squalo mi ci vuole, e questo 47 metri è di quelli che lasciano soddisfatti e divertiti gli appassionati del genere.
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