Regia di Eric Khoo vedi scheda film
Decenni che corrono via attraverso le storie intime, segrete, inconfessabili e talvolta fantastiche, tutte incentrate in un unico preciso luogo d'azione: la stanza 27 dell'Hotel Singapura,dai fasti del periodo di apertura,alla inesorabile decadenza che lo porta verso la chiusura e l'anonimato,rifugio dannato di anime senza domani. Singolare e folle
L’Hotel Singapura è stato edificato negli anni ’40 in un quartiere rispettabile della celebre metropoli della piccola repubblica del sud est asiatico.
Nato come hotel di lusso, l’edificio attraversa i decenni custode di mille segreti ed intimità, che il regista concentra e prende in considerazione in attinenza ad una stanza in particolare: la 27, che ci appare all’inizio del film, ovvero alla fine del periodo preso in considerazione, come un ammasso di muffa, parte di un locale fatiscente ormai in abbandono dove la muffa disegna funeree figure tenebrose che attorniamo loschi individui nei loro intrallazzi e nel loro trastullarsi con prostitute di bassa lega.
Ma prima era tutta un’altra storia: agli albori dell’hotel intravediamo un uomo d’affari che si confida con un fedele cameriere, con cui si intuisce possa esistere un legame che va ben oltre la più sincera e solidale amicizia.
Più avanti una esperta entreneuse istruisce con la massima caparbietà le sue allieve, insegnando loro i mille trucchi per irretire un uomo e farlo diventare dipendente, in modo da assicurarsene i guadagni. Numeri coreografici coloratissimi e divertenti ci catapultano in un universo malizioso ma quasi fiabesco in cui lo stile ricorda certi numeri musicali accattivanti del gran regista Tsai Ming Ling.
Poi una coppia di bellissimi fedifraghi si congiunge in pose plastiche molto accattivanti, mentre ancora più avanti due giovani studiano ogni stratagemma erotico per indurre la ragazza ad avere il suo primo orgasmo, che arriva dopo un pò, finalmente e per caso, senza preavviso, grazie ad un atteggiamento o ad un gesto per nulla studiato e compiuto scientemente.
Intanto un ragazzo muore per un overdose, sempre nella stanza 27, ed il suo spirito aleggia, innamorato delle medesima cameriera incontrata poco prima di rimanere vittima dell'eroina; un amore che durerà per tutti gli anni che verranno, fino a che la donna, ormai anziana e morta sul lavoro, potrà ricongiungersi al suo uomo, intravisto solo una volta, e poi solo percepito per tutti i lunghi anni avvenire.
Il tempo passa ed l’eccentrico, interessante regista Eric Khoo ci racconta una serie di storie in cui l’hotel diventa una metafora dello scorrere del tempo, che arreca fortuna così come se la porta via: quando l’amore sarà possibile con cloni che si accendono con la semplice pressione su una spalla, per l’hotel Singapura sarà giunto il tempo della chiusura e, sormontato, quasi inghiottito da una società futuristica sempre più sviluppata verso l’alto, diverrà il ghetto dei diseredati e dei fuggiaschi, come suggeriva l’immagine iniziale, splendida e molto suggestiva, dove la rovina appariva dilagante, ma non per questo meno sincera della sfavillante coloratissima finzione dei momenti di massimo splendore.
Brioso ma anche drammatico, bizzarro ed erotico, Hotel Singapura (titolo di distribuzione sul mercato francese) è un film anomalo che soffre un po’ nella sua metà, ma regala ingegnosi ed affascinanti immagini e situazioni di apertura e chiusura che ci rendono favorevole una valutazione finale complessiva, frutto di un esito un po’ altalenante dei vari episodi che compongono l’opera.
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