Regia di David Wnendt vedi scheda film
La trama è semplice: dopo settant'anni di ibernazione, il dittatore tedesco Adolf Hitler (Oliver Masucci) si ritrova a dover lottare contro il progresso dell'umanità. La regia del film è molto simile a quella di "Borat": sempre in movimento, quasi come per riprendere un documentario; stessa cosa vale per la satira. Ritrovarsi un dittatore tedesco famoso a Berlino fa strano, soprattutto se chiede in che anno si trova, e si da una sottoforma di critica sociale di fronte alle nuove generazioni, che neanche percepiscono la sua persona (non generalizzando, come sempre). Non prendendosi sul serio, il film è sottoposto a varie fasi di autoironia: quando una pellicola si sottopone a questo tipo di comicità, già di per sè è favolosa (N.B: possiamo notare l'autoironia quando Hitler ripropone i personaggi che hanno interpretato lui stesso nelle varie pellicole, e in particolare Bruno Ganz ne "La caduta - gli ultimi giorni di Hitler").
Oltre il famoso dittatore, nel film vi è un altro protagonista: Fabian Sawatzski (Fabian Busch), il quale interpreta un esordiente regista che vuole realizzare un film sul calcio, ma che viene immediatamente scartato. Proprio durante la realizzazione di una clip del film, Fabian viene a scoprire della presenza di Hitler alle sue spalle (nella clip), e decide di cercarlo e mandarlo in un emittente televisiva. Qual'è il messaggio di fondo di questa pellicola? Non si sa mai cosa ci si può aspettare, e non si prende mai sul serio (appunto) la serietà di un determinato individuo: anche se, quando si prende sul serio il personaggio, si diventa buonisti e tentiamo nel trovare una soluzione. Ho apprezzato tantissimo la caratterizzazione e strutturazione del personaggio di Hitler: sempre scorbutico, indignato, scandalizzato e soprattutto tentato a rivoluzionare la Germania attuale. Ottimo lavoro!
8½.
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