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Lui è tornato

Regia di David Wnendt vedi scheda film

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La recensione su Lui è tornato

di barabbovich
5 stelle

Problema etico: si può scherzare su personaggi come Hitler? In fondo, lo aveva già fatto Chaplin con Il grande dittatore. O conta soltanto la verità ricercata a colpi di storiografia? Lui è tornato, film grottesco a cavaliere tra finzione e documentario con largo uso della candid camera, immagina un Hitler redivivo (Masucci) che si aggira per le strade di Berlino, nel 2014. La gente che lo incrocia lo prende per un attore in cerca di popolarità, un cameramen fresco di licenziamento (Busch) punta su di lui per un rilancio mediatico, un manager televisivo deluso (Herbst) cerca di ritorcere il caso Hitler contro la donna (Riemann) che gli avrebbe usurpato la direzione della testata televisiva dove lavora. Intanto, davanti alle telecamere, Hitler - che continua a ribadire, fermamente e con qualche stupore per l'ingenuità delle domande, le sue generalità - comincia a fare proseliti. In un paradosso massmediologico evidentissimo, i suoi discorsi contro la televisione catturano l'attenzione del pubblico, lo share schizza alle stelle e si apparecchiano le condizioni per un ritorno alla situazione degli anni '30, quando il führer prese il potere in Germania. Qualche neonazista massacra di botte il redivivo Adolf credendolo un impostore che si fa beffa del suo idolo.
Non è la prima volta che il tema della psicologia di massa - declinato nei termini di Tarde, Sighele o Le Bon - arriva sul grande schermo (L'onda), né è la prima volta che la figura di Hitler viene riesumata per il cinema (La caduta). L'idea di partenza, accompagnata da una realizzazione indubbiamente riuscita sul piano della sintassi filmica, in questo caso è davvero originale, ma finisce col risolversi in una sterile satira sul sistema dei media, ripetitiva e con le unghie spuntate.

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