Regia di David Wnendt vedi scheda film
Oliver Masucci è il più straordinario Hitler che io abbia mai visto, dopo Bruno Ganz, naturalmente. Pur considerando che siamo quasi a quei livelli. Diretto da David Wnendt, la pellicola, tratta dall’omonimo best seller di Timur Vermes, racconta le vicissitudini del Fuhrer risvegliatosi nella Berlino dei giorni nostri. Scambiato per un imitatore, cavalcherà l’onda del successo televisivo per riconquistare il potere. Ottima l’idea d’improvvisare con gli ignari passanti, filmando le più diverse e sorprendenti conseguenze. Masucci ricalca alla perfezione il dittatore tedesco ma sembra quasi tenere da parte la sua follia, che compare solo a sprazzi come componente della sua normalità. Buono anche l’alternarsi del film alla scrittura del libro, all’ideazione del film dal libro, tutti questi intrecci rendono vivido lo scorrere della pellicola e compongono uno dei film migliori di questo 2016 che lascia anche una più profonda interpretazione di quel "Lui è tornato", che più che essere rivolto al ritorno del personaggio in oggetto, sembra piuttosto un volerci far notare che, ad essere tornato, è piuttosto un modo di pensare e di agire. Come si dice anche in una battuta, alla fine del film stesso, la mentalità razzista ha radici si profonde che però si ramificano fino ad oggi, e dimostra tutto ciò con filmati di proteste e azioni ribelli contro gli immigrati nel nostro paese. La piena soddisfazione sul volto del Fuhrer, che sfila in auto pronto a tornare al comando, è dovuta proprio alla consapevolezza di un nazionalismo diffuso che incombe in ogni popolazione che osanna modernità e uguaglianza ma, in realtà, professa la discriminazione più acuta. Incomprensibile il motivo della messa in sala per soli tre giorni, al costo raddoppiato, che non consente la doppia visione, pur volendo.
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