Regia di Avi Lewis vedi scheda film
«Ho sempre odiato i film sul cambiamento climatico». Lo dice Naomi Klein, all’inizio del film sul cambiamento climatico tratto dal suo bestseller Una rivoluzione ci salverà. E lo spettatore ha un presagio funesto. I difetti dei doc sul tema? Noia, discorsi edificanti, spiegazioni didascaliche, belle immagini di orsi polari tra i ghiacci destinati a sciogliersi. La premessa: è inutile dare la colpa alla “natura dell’uomo”, all’avidità, alla stupidità, il problema è il sistema economico capitalista, l’idea che la Terra sia una macchina che possiamo sfruttare a nostro piacimento. Niente di nuovo. Ma per fortuna ci sono i luoghi, le persone, le storie. L’Alberta trasformato in deserto per sfruttare le sabbie bituminose, le miniere di carbone che devastano il Montana, gli impianti per estrarre l’oro in Grecia. E, dall’altra parte, i nativi della Beaver Lake Cree Nation che si ritengono ospiti, non padroni, del pianeta; gli eco-Cheyenne che onorano il sole e sfruttano energia pulita. Naomi Klein lo chiama «ecologismo dei più poveri». E non resiste alla tentazione di incitare i cittadini del mondo a pretendere il cambiamento. Intanto la noia cresce, le spiegazioni sono sempre più ridondanti, le testimonianze edificano. Mancano gli orsi polari, ma è una magra consolazione. Le immagini sono, per lo più, didascalie illustrative che accompagnano parole militanti. Sì, certo, serve la riconversione ecologica dell’economia planetaria. Ma i film sul cambiamento climatico, in forma di sermoni, rimangono odiosi.
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