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Into the Forest

Regia di Patricia Rozema vedi scheda film

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La recensione su Into the Forest

di supadany
6 stelle

25 Courmayeur Noir Festival.

Come detto dal co-direttore del Festival Giorgio Gosetti nella veloce presentazione pre-visione in sala, la proposta al Festival della pellicola di Patricia Rozema è quanto mai pertinente, non tanto per i connotati che la legano al tema del concorso, quanto per gli incontri a matrice ambientale che si sono tenuti in questo periodo a Parigi.

Non si tratta di un film che scivola via, destinato inevitabilmente a separare nei giudizi, ci si può leggere tanto ed il contrario di tutto, innegabilmente servirebbe un papiro per elencarne gli aspetti che lasciano dubbiosi, ma senza dubbio non lascia indifferenti.

In un giorno non precisato, un blackout toglie l’energia elettrica e quella mancanza che sembrava essere solo temporanea diventa una realtà definitiva con la quale fare necessariamente i conti.

Due sorelle, Nell (Ellen Page) e Eva (Evan Rachel Wood) si ritrovano da sole nella loro casa in mezzo ad una foresta, tra possibilità di fuga verso l’ignoto e pericoli incombenti, dovranno confrontarsi con nuove prospettive, tra una natura da affrontare in modo differente ed un futuro che riserverà loro cambiamenti non voluti, ma che non per questo devono per forza meritare negatività.

 

Ellen Page, Evan Rachel Wood

Into the Forest (2015): Ellen Page, Evan Rachel Wood

 

Seppur scandita da tempi lenti, “Into the forest” è un’opera che ha molto da comunicare e sicuramente non annoia, anzi lascia semplicemente il tempo per meditare su quanto propone.

Ecco la necessità di cambiare prospettiva, facile a parole, un po’ come per i “grandi” della Terra quando devono confrontarsi sul tema ambientale (con troppi interessi che spingono da una parte e dell’altra), ma adattarsi ad una nuova condizione per il singolo può essere ancora più radicale.

Trovarsi improvvisamente privi della possibilità di coltivare le proprie passioni di una vita diventa una mancanza incolmabile, il raziocinio tanto promosso viene sopravanzato dal desiderio, poche ore di corrente offerte da un generatore sono un’occasione per crearsi un’oasi temporanea quasi come se niente fosse accaduto.

Ma il risveglio è brusco, l’apatia torna protagonista e nel momento in cui scompare la tanto odiata informazione (di massa), giustamente vista di cattivo occhio, sopravanzano le dicerie popolari, come dire che in fondo ci viene detto semplicemente quello che vogliamo ad ogni costo sentire.

Indubbiamente trovo queste considerazioni, che emergono a chiare lettere dalla visione, di gran valore, così come lo è pensare che siano le donne ad avere in mano le chiavi della vita, purtroppo però la sceneggiatura sbanda pericolosamente e non riesce a trovare una pregiata sintesi nel rapporto essere umano-natura.

Già ci sarebbe molto da dire, e non sono belle parole, sull’incidente che colpisce il padre delle due ragazze (giusto poco prima ci sarebbe stata una scena perfetta per ovviare, un incontro stradale con due uomini pericolosi) ed anche la visione d’insieme rischia ripetutamente di scadere nel banale, quando la situazione richiederebbe tutt’altro, con una proposizione fin troppo positiva rispetto alle difficoltà incredibili che devono affrontare (ammetto che sarei morto di fame velocemente al loro posto), questo al netto di una violenza brutale, tra l’altro ripresa con un’ottica di supporto, quella degli occhi della ragazza che tendono a chiudere il raggio visivo, tremendamente devastante.

Sarebbe invece un ragionamento di lana caprina affermare che le due protagoniste sembrano tutt’altro che sorelle, in tal senso meglio tenerci stretti Ellen Page, anche produttrice, ribelle per “status quo” che nella nuova dimensione offerta dal film trova velocemente una prospettiva diversa, ed Evan Rachel Wood che diventa quasi straniante nella sua “nuova” vita e che nei movimenti ancestrali della danza comunica tutta la bellezza ed il disagio dell’esistenza.

“Into the forest” è un film da prendere o da lasciare, favorirà grandi innamoramenti, ma generarà anche forti repulsioni, al momento senza distribuzione (tiratina d’orecchie alla rivista “Ciak” che diceva tutt’altro nel numero di novembre), sponsorizzato alla grande al Festival di Courmayeur meriterebbe ad ogni modo la possibilità di essere vissuto.

Contrastato.

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