Regia di Federico Fellini vedi scheda film
L’ultimo Fellini, come ogni ultima opera di un grande cineasta, racchiude una malinconia nostalgica che si rispecchia negli occhi del prefetto Gonnella, interpretato magicamente da Paolo Villaggio, e allo stesso modo nel pensiero puro e in parte incosciente di Ivo Salvini, impersonato da Roberto Benigni.
Fellini racconta, a modo suo, utilizzando la complicità delle immagini prima che delle parole, l’avvento della modernità, che avanza inesorabile travolgendo ogni cosa, tutto il buono che c’è. Una perenne oscillazione tra la malata epoca moderna e l’amata epoca antica. E se Gonnella rappresenta il ‘vecchio’ ancorato ai tempi passati che vede nel presente solo anime corrotte e pronte a fregarlo, Ivo è l’ingenuità di chi è stato ‘nuovo’ ma si sta avviando a diventare ‘vecchio’, mentre annaspa in quella via di mezzo cercando la strada da percorrere, forse già consapevole che la stessa non sarà quella che sperava perché priva dell’essenza che da sempre compone il suo vivere.
Questa ennesima poesia di Fellini scoperchia l’orrore della televisione, la luna che annuncia la pubblicità è l’emblema del suo pensiero, che ha reso l’uomo incapace di pensare, privandolo della poesia; così come il caos della modernità ne ha estirpato il romanticismo.
Federico Fellini prima di salutarci ci regala la visione, senza mezzi termini e con meno simbolismi di quelli a cui ci ha abituati, del mondo che viviamo e che vivremo, premonendo un tempo arido di sentimenti e colmo di incomprensioni verso i sensibili.
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