Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Lievissimo e malinconico, Fellini ormai settantenne affronta con serenità il declino, relativo alla propria senilità come alla 'civiltà' del mondo moderno. Tratto dal romanzo di Cavazzoni 'Il poema dei lunatici' (quindi, per una volta, partendo da un soggetto e da una sceneggiatura più o meno elaborati), La voce della luna ha un tocco inaspettatamente leggero e molto meno roboante, circense del solito Fellini: ci sono due clown, ma sono tristi: il loro essere buffi non fa ridere, ma fa riflettere su cosa li ha portati a diventare così; la folla di personaggi di paese non è mediamente tanto sopra le righe quanto quelli di Amarcord; l'aspetto corale del film è limitato a qualche scena (come quella della cattura della luna, nel finale), ma in sostanza la trama si regge logicamente su Benigni e Villaggio. Peraltro una scelta azzeccatissima, nonostante la sorpresa di vedere i due comici in ruoli impegnati: si tratta infatti dei due più grandi attori comici prodotti dal cinema italiano negli ultimi quindici-venti anni. La luna come l'innocenza perduta di un mondo caotico, ambiguo e spietato. "Eppure credo che se ci fosse un po' più di silenzio, se tutti facessimo un po' di silenzio, qualcosa potremmo capire".
In un paesino del centronord vivono due bizzarri personaggi, additati da tutti come i matti del villaggio: sono lo stralunato Ivo ed il paranoico ex prefetto Gonella. I due si coalizzano contro la brutalità, la volgarità e la rumorosità della gente attorno a loro. Una sera in diretta tv viene trasmessa la cattura della luna: succede il finimondo e Ivo rimane da solo a dialogare con l'imperterrita luna.
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