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La voce della luna

Regia di Federico Fellini vedi scheda film

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La recensione su La voce della luna

di steno79
7 stelle

Rivisto dopo moltissimi anni dall'uscita in sala, "La voce della luna" non mi sembra uno dei film meglio riusciti di Federico Fellini, un film che è divenuto il suo testamento a causa della sua morte improvvisa, ma un testamento con degli alti e bassi, una pellicola discontinua che la critica italiana accolse comunque con favore visto il nome del regista, ma che alla sua presentazione al festival di Cannes fu fischiata e stroncata dai critici stranieri e non trovò distribuzione negli Stati uniti, dove Fellini aveva sempre riscosso ammirazione. Qui Fellini ci propone un altro quadro grottesco che vuole essere una condanna della volgarità dell'Italietta contemporanea, sulla stessa linea di "Ginger e Fred" che però funzionava meglio in virtù di una narrazione meno dispersiva e di personaggi, almeno quelli principali, a cui ci si riusciva ad affezionare. La storia del mite Salvini (all'epoca Fellini certo non poteva pensare all'omonimia con l'attuale capo della Lega nord) e del paranoico prefetto Gonnella (ma Paolo Villaggio è relegato in un ruolo di supporter piuttosto risicato in termini di screen time) procede per quadri staccati, con poca preoccupazione per una trama in senso tradizionale, ma stavolta Fellini non evita alcune scenette incongrue che vorrebbero mettere alla berlina i vizi della provincia ma sono prive di mordente, a tratti piuttosto banali come lo spogliarello all'inizio che fa scoppiare una rissa di alcuni giovinastri contro Salvini, oppure il musicista che vive in un loculo del cimitero... Altre parentesi di tipo surreale come il flashback sul matrimonio fra Angelo Orlando e la moglie che si trasforma in una specie di locomotiva durante un amplesso non reggono il confronto con le invenzioni del tempo che fu, così come la galleria di caricature romagnole che vorrebbe rifare in qualche modo "Amarcord" è più scolorita rispetto all'inimitabile prototipo. L'interpretazione di Benigni è uno dei motivi di maggiore interesse del film e gli conferisce quella coesione che altrimenti Fellini sembra rifuggire, con un personaggio di mite lunatico a cui l'attore dona risonanze inaspettate, e anche Villaggio merita un applauso per una prova a metà fra tragico e comico che arricchisce l'eterna maschera di Fantozzi con un rilievo che non va assolutamente sottovalutato; tuttavia, il finale con la cattura della luna mi sembra appartenere ad un surrealismo piuttosto volenteroso, così come le sequenze in discoteca mostrano la sostanziale antipatia di Fellini per la generazione giovanile che balla sulle note di Michael Jackson, a cui il regista contrappone un valzer d'altri tempi con un elogio del passato dal timbro piuttosto rancoroso. Figurativamente non mancano sequenze suggestive, soprattutto quelle in notturna, e le musiche di Piovani sono azzeccate nel loro dichiarato omaggio al maestro Rota. Molti contributi tecnici vanno lodati, soprattutto le scenografie di Dante Ferretti che ricostruisce con estro il Borgo romagnolo, alcuni caratteristi azzeccano piccoli momenti di comicità grottesca, fra cui Syusi Blady e Vito, il film merita comunque una visione. 

voto 7/10  

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