Regia di Olmo Omerzu vedi scheda film
33TFF
Ammetto che non mi aspettavo un film di una tale e opportuna potenza! Dove per potenza intendo quell'influsso atto a scuotere le coscienze di alcuni genitori che, sempre più frequentemente, scambiano il loro ruolo educativo con quello di " amici e compagnoni" dei loro figli. Da anni partecipo ad animati scambi di opinione sull'argomento, e quest'opera prima del ceco Olmo Omerzu è oltremodo opportuna per riproporre in modo ottimale il tema.
Igor e Irena, con il figlio quindicenne Erik e la figlia diciottenne Anna, sono i componenti di un'agiata famiglia praghese la cui vita verrà sconvolta da quella che risulterà un'azzardata quanto irresponsabile sottostima dei rischi intrinseci in un progetto che papà e mamma metteranno in atto di li a poco. L'avventura prevista inizialmente per i genitori la vivranno anche i figli, dapprima in modo gratificante, seppur totalmente anarchico, e in seguito in modo drammatico non meno di quanto toccherà ai genitori.
L'idea malata di fondo consiste nel nutrire massima fiducia nella maturità e affidabilità dei figli quando questi (nel caso specifico in particolare Erik) non sono ancora pronti alla gestione autonoma della propria vita. Si scambiano troppo facilmente le apparenti "boutades" degli adolescenti per una loro precoce capacità organizzativa e, nel caso in questione, una sufficienza esistenziale ancora precaria.
Già, perché Igor e Irena hanno deciso di attuare un loro sogno: partire per un viaggio di mesi che li porterà verso le isole tropicali del Borneo dove vivranno a bordo di un'imbarcazione presa a noleggio e dove i loro due ragazzi dovrebbero raggiungerli durante le vacanze natalizie. Inizialmente tutto sembra ok, genitori felici in barca che comunicano quasi quotidianamente via skype, e figli ancor più contenti con baldorie di ogni tipo nell'appartamento che fin dal primo giorno è diventato un quasi ostello. La situazione cambia dopo un paio di settimane nel momento in cui il giovane Erik evidenzia il suo disagio psicologico nei confronti di un'atavica paura dell'abbandono - più che comprensibile alla sua giovane età - con comportamenti provocatori che si manifestano dapprima attraverso disturbi vari nei confronti dei i vicini, e poco dopo marinando la scuola. Purtroppo il dramma è dietro l'angolo e, conseguentemente al primo, se ne materializza un secondo dagli esiti irreversibili che, a sua volta, renderà possibile quell'agnizione finale che sconvolgerà il precario equilibrio famigliare fino a quel momento miracolosamente e casualmente risparmiato.
Ciò che avviene ve lo risparmio, nel caso qualcuno ambisca prendere visione di questa bellissima e nel contempo drammatica e adrenalinica pellicola. Potenzialmente si poteva auspicare un epilogo felice e conciliante ma, per una consequienzale serie di imponderabili eventi, di quest'epilogo positivo ne beneficia solamente, e in minima percentuale, il povero cane Otto.
Non è però sempre esatto addurre la causa di un dramma all'imponderabilità degli eventi, come troppo sovente gli umani tendono fare. Si omette altrettanto spesso che questa imponderabilità non sarebbe stata tale (o per lo meno ridimensionata) se a priori fosse stata pilotata da una saggezza e una prevenzione che non di rado, come nel film in oggetto, infantili forme egoistiche degli adulti ne inficiano l'attuazione, a dispetto dei dati anagrafici che invece la dovrebbe garantire.
Un'opera profonda e toccante dove il regista ha inteso veicolare la precarietà del benessere quotidiano che ai rischi connessi con la normale esistenza somma "l'aiuto negativo" di dissennate dinamiche. Essendo la vicenda tanto particolare quanto verosimile, mi vien da pensare allo stereotipato detto del "diavolo che fa le pentole ma non i coperchi", espressione peraltro non infrequentemente balzata alle cronache nostrane negli ultimi tempi!
Questa prima opera di Omerzu, non doppiata e quindi sottotitolata, oltre a un ottimo cast presenta altresì una superba fotografia valorizzata in particolare nelle riprese tropicali con spettacolari sequenze girate a mano con l'ausilio di un super grandangolo. Un meritato accenno in ultimo alle altrettanto toccanti e magistrali scene con il cane Otto durante il naufragio sull'isola deserta: un Robinson Crusoe a quattro zampe che da solo varrebbe le quasi due ore del film.
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