Regia di Michael Curtiz vedi scheda film
Uno dei migliori film gangsteristici, che infatti vanta quello che secondo me è il "migliore" gangster della storia del cinema: James Cagney. Era il suo ruolo, la sua vocazione. Il ritmo è sostenuto, e il film vola via con rapidità in crescendo di azione e tensione. Bogart non era ancora diventato Marlowe o il duro dal cuore tenero, ma è efficace come viscido faccendiere che si occupa di riciclaggio e di estorsioni a poveri bottegai, e che fa a sua volta il tirapiedi di un pezzo da novanta della malavita. Realistica e riuscita l'ambientazione nei bassifondi di New York, con strade sporche e affollate, dove non mancano i teppistelli imberbi, cioè i gangster del domani. Il film riflette anche sul ruolo pedagogico degli adulti nei confronti dei giovani, e sui modelli che questi offrono loro. Se un gangster riesce ad affascinarli, lo diventeranno anche loro, come se un uomo onesto fa colpo su di loro, seguiranno probabilmente le sue orme.
Più che un eroe negativo e uno spietato criminale (come sarà il suo personaggio in La Furia Umana), qui Cagney è un delinquente non del tutto marcio e corrotto, che conserva ancora nel fondo di sé una traccia dell'educazione ricevuta dalla madre e dal sacerdote della parrocchia. Un fondo di onestà, di lealtà e di rispetto dell'amicizia che lo faranno passare per la strettissima porta della salvezza nel momento estremo della sua vita. Evidentemente gli sceneggiatori volevano anche far vedere la futilità dei miti del duro ad oltranza che se ne frega di tutto e tutti, che più che innalzare l'uomo lo portano all'autodistruzione.
Presiede tutta l'operazione quel Michael Curtiz che non lascerò più definire - senza replicare a tono - un fortunello che ha infilato un film come "Casablanca".
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