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Complete Unknown - Cambio di identità

Regia di Joshua Marston vedi scheda film

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La recensione su Complete Unknown - Cambio di identità

di supadany
4 stelle

Avevamo lasciato Joshua Marston con La faida, un titolo che, dopo tanto tempo, rimane ancora impresso per la sua brutale e primordiale forza comunicativa. Lo ritroviamo sei anni dopo, occupati con varie direzioni televisive (tra gli altri, un episodio di The good wife e un’altro di American crime), e sembra trascorso un secolo, dando la sgradevole sensazione di trovarsi di fronte a un altro autore.

Complete unknown non è certo da cestinare del tutto, ma lascia un sentore d’incompiuta labilità che ridimensiona anche ciò che di buono effettivamente c’è.

Tom (Michael Shannon) si appresta a festeggiare il compleanno, già tormentato da un futuro tutto da decifrare con sua moglie Ramina (Azita Ghanizada). Ad aggravare la situazione ci pensa un’ospite insospettabile.

Infatti, il suo collega Clyde (Michael Chernus) si presenta a cena accompagnato da Alice Manning (Rachel Weisz), una donna misteriosa che Tom aveva conosciuto, e poi perso nel nulla improvvisamente, tanti anni prima.

L’uomo è sconvolto e non può fare a meno di voler capire cosa sia successo, nonostante Alice sia esperta nell’inventarsi storie fantasiose.

 

Rachel Weisz

Complete Unknown - Cambio di identità (2016): Rachel Weisz

 

Complete unknown è un film dal doppio volto, sempre di meno delle decine di identità inventate dalla sua coprotagonista Alice.

Parte avvolto in un mistero inestricabile e sembra debba partorire chissà che cosa ma poi la scintilla innescata ripiega su un melò trascurabile, accompagnato da un incontro che sembra essere più che altro utile a riempire un viatico privo di effettivi sbocchi (comunque con Kathy Bates e Danny Glover, il che non guasta, per quanto entrambi ai minimi sindacali).

Una svolta preventiva e poco appassionante che toglie buona parte di quanto di buono fosse già stato abbozzato, quel mistero che regge alla grande la prima mezz’ora, lasciando qualche indizio fugace, mettendo in mostra un piano sospetto che contava su un passato nebuloso come pochi altri.

Quindi Joshua Marston, dopo aver instillato il dubbio e profuso un disagio considerevole con vari elementi di disturbo e bugie assortite, si caccia in un vicolo cieco, senza nemmeno cercare di dimenarsi.

Certo, Alice rimane sempre un contenitore incredibile (o semplicemente poco credibile?) di bugie e contraddizioni, inoltre il dubbio che lei non sia una persona sola è riproposto da una grande soluzione di regia nell’ultima scena, ma prima ci sono quaranta minuti, su un misero totale di ottanta, che offrono realmente poco.

Fortunatamente, Michael Shannon, questa volta più vittima che carnefice, e Rachel Weisz sono due pezzi da novanta che sanno riempire la scena e giostrare gli sguardi, con in aggiunta Michael Chernus perfetto come raggirato tanto da fare tenerezza ma, tirate le fila, l’opera in questione vede riposti i dubbi maggiori sulla sua corposità.   

Il tema dell’identità è attuale e fattivo, ma il ripiegamento, nella sua totalità, lascia poco spazio alla fantasia, facendo emergere limiti di scrittura che impediscono a un pregevole fascino sospeso di trovare un approdo consono.

Dunque, Joshua Marston si conferma autore interessante, ma questa volta sbaglia (almeno) metà dell’opera, caparbio quando si tratta di alimentare i silenzi con i pensieri, producendo però un costrutto quanto meno discutibile, qualora non proprio distratto.

Inappagante e parzialmente arido, nonostante possieda una dose di fascino magnetico e misterioso. 

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