Regia di Joshua Marston vedi scheda film
Complete Unknown muta pelle in corsa, e dal thriller vira all'improvviso verso una sorta di anti-mélo senza baci e senza passione, una resa dei conti sentimentale che si ingolfa tra fiumi di parole e silenzi improduttivi.
Quando l'ingenuo Clyde, collega di lavoro ed amico di Tom, fa la conoscenza di Alice, ha fretta di presentarla al resto della compagnia, mettendo però le mani avanti sin dal principio rispetto al suo ruolo, e riferendone l'indisponibilità ad impegnarsi in relazioni. L'occasione per farlo è la cena per il compleanno di Tom, organizzata da questi nella casa che divide con la propria moglie Ramina: Alice si mostra subito come una viaggiatrice spigliata e piena di interessi, conquistando la simpatia dei presenti con racconti nei quali pare mettere in piazza già molto di sé.
Chi invece resta spiazzato dal fatto stesso di vedere quella donna lì, ed in più confuso dalla sua raffica di aneddoti dal respiro esotico, è proprio Tom, che in lei riconosce Jenny, una sua ex che non vedeva da quindici anni, ovvero da quando, da un giorno all'altro, aveva deciso di sparire nel nulla senza farsi più viva neanche con i propri genitori.
Senza manifestare agli altri questa bizzarra coincidenza, Tom prova progressivamente ad incalzarla, per farla uscire allo scoperto e comprendere le ragioni del suo inatteso ritorno.
Leggendo la sinossi di Complete Unknown, è difficile non pensare ad un thriller: perché Jenny si ripresenta al proprio ex dopo tutto questo tempo? e perché con un nome ed un passato completamente diversi da quelli che lui conosceva? A questi e ad un'altra mezza dozzina di quesiti, però, la sceneggiatura scritta (a quattro mani con Julian Sheppard) dallo stesso regista Joshua Marston (che nel 2004 esordì con il notevole Maria Full of Grace, e qui è al proprio terzo lungometraggio) risponde in buona parte già nella prima mezzora, facendo confessare alla stessa Alice/Jenny la propria predilezione a cambiar di tanto in tanto vita a partire dal nome e dal luogo di residenza, lasciando intendere il suo bisogno patologico di recidere ciclicamente alla radice ogni legame con 'ogni' passato. Il supposto thriller si rivela così un depistaggio, ma, una volta gettate le carte in tavola, l'atmosfera svapora e la presa si allenta.
Quasi ispirandosi alle abitudini di Alice (una Rachel Weisz sugli scudi in un ruolo nelle sue corde), Complete Unknown muta pelle in corsa, virando all'improvviso verso una sorta di anti-mélo senza baci e senza passione, una resa dei conti sentimentale che si ingolfa tra fiumi di parole e silenzi improduttivi. Perché il mistero disvelato, anticipato già nell'incipit, che mostrava la donna in quattro diversi momenti del passato a recitare quattro dei suoi innumerevoli personaggi, non viene soppiantato da un motivo di interesse ugualmente forte da poter reggere un'ulteriore ora scarsa di pellicola; perché un progetto sulla carta ambizioso sfocia in uno script sbilanciato e fiacco che, al di là della scelta strutturale 'pericolosa', è talmente concentrato sulle giravolte della protagonista femminile (peraltro tanto eccessive da affacciarsi al di là della soglia della plausibilità) da dimenticarsi di conferire forza a quello maschile, e di dare a tutto il suo microcosmo il peso che sarebbe servito affinché, nella seconda parte, il suo intimo dolore potesse partecipare a riempire la scena.
Il microcosmo di Tom, invece, di colpo sparisce: o meglio, sono Tom ed Alice/Jenny ad allontanarsi dal gruppo, ed il loro confronto lungo una notte a monopolizzare tutto. Lei è costretta a resettarsi più e più volte perché inadatta ad assumersi qualsiasi responsabilità, mentre lui proprio dal senso di responsabilità è bloccato in un'esistenza che non lo soddisfa; lei scappa per trovare ossigeno, poi scappa di nuovo appena lo sente mancare ancora, mentre lui a quell'aria viziata ha fatto l'abitudine, a scapito dei sogni. La rappresentazione algida e antispettacolare di Marston, che sceglie una New York notturna e asettica, vorrebbe far da sfondo al crescendo emotivo generato dal re-incontro tra queste due solitudini di carattere diametralmente opposto, ma il coinvolgimento non arriva mai, e mentre i fantasmi di lei fanno capolino e sono anche troppo presenti, a latitare sono quelli di lui, rimasti quasi inespressi non tanto per specifiche colpe di un Michael Shannon comunque sottotono (mentre altrove spesso ottimo), quanto per quelle di un copione che lo ha abbandonato letteralmente a sé stesso.
All'interno di un cast di buoni attori sprecati, giova menzionare, come nota a margine, Kathy Bates e Danny Glover, che nei panni di una coppia di anziani acciaccati soccorsi dalla non-coppia appena distaccatasi dalla festa (con lei che, tenendo fede a sé stessa, spaccia sé ed il 'compare' per ciò che non sono) prendono parte ad una delle poche scene riuscite del film.
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