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Free Fire

Regia di Ben Wheatley vedi scheda film

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La recensione su Free Fire

di YellowBastard
5 stelle

Presentato in anteprima al Toronto International Film Festival del 2016, film di chiusura del 60° London Film Festival e del 34° Torino Film Festival, , è il sesto lungometraggio del regista britannico Ben Wheatley che decide per l’occasione, e dopo le sue escursioni nel genere thriller e horror, di “omaggiare” l’exploitation degli anni’70 scrivendo Free Fire (in collaborazione con la moglie Amy Jump, sua fedele collaboratrice, anche al montaggio, fin dal 2011 con Kill List), pellicola prodotta (tra gli altri) anche da Martin Scorsese.

 

Free Fire Recensione Cinema | The Games Machine

 

Girato in poco più di un mese, l’ultima pellicola di Whatley è un’action-comedy diviso tra l’archetipo e il citazionista ambientato nel 1978 in un grande magazzino abbandonato di Boston dove si sta svolgendo una compravendita d’armi in cui una diatriba verbale tra due dei suoi protagonisti si trasforma grottescamente in una spietata resa dei conti, mettendo tutti contro tutti.

Tante chiacchere, violenza e turpiloqui sono i pilastri di una pellicola che ammicca costantemente alla coppia Tarantino & Rodriguez, quasi un goffo misunderstanding in un ambiente claustrofobico raccontato in real time tra personaggi bidimensionali, contaminazioni splatter e cinismo hard boiled condito dal più becero black humor che decade spessissimamente in una parata nonsense di chiacchiere, pallottole e sangue.

 

Fin da subito è chiaro che al regista inglese interessa poco le premesse quasi carpenteriane del plot quanto invece i personaggi e le loro relazione, le loro mancanze psicologiche come anche le traiettorie dei loro insulti con lo scopo di rendere interessanti per il pubblico i loro scontri verbali almeno quanto quelli con le armi da fuoco.

Inutile cercare un sentimento o una qualche sensibilità nella pellicola, tutto è costruito allo scopo di intrattenere tanto con l’azione quanto con l’umorismo, con gag e battute fulminanti anche in modo del tutto irrazionale, attraverso dei personaggi irresponsabili che richiamano fortemente alla memoria quelli de Le iene di Tarantino.

Nessuno sembra agire con un programma o che sembri capace di prendere decisioni con raziocinio, vince talmente il grottesco e/o il nonsense che si spara a casaccio e le pallottole centrato un bersaglio quasi per sbaglio, con traiettorie e intrecci balistici quantomeno improbabili, i morti faticano a morire tanto che togliere di mezzo definitivamente qualcuno sembra quasi una scommessa, i vivi invece diventano zoppi o mezzi ciechi e strisciano nello sporco e nel fango per raggiungere obiettivi che risulteranno perennemente vani.

Poco importa chi alla fine di tutto resterà vivo (e non è detto che questo si risolverà comunque in un lieto fine) o chi muore, quali rivalità o sodalizi si riveleranno veramente tali (o se si rovesceranno in pochi secondi) o chi metterà le mani sui soldi e/o sulle armi.

 

Free Fire (2016) di Ben Wheatley - Recensione | Quinlan.it

 

Free Fire si abbandona alla bizzarria dei suoi personaggi e alla noncuranza delle loro azioni, a un’ironia squinternata e al veleno di certe battute che precedono l’azione in un ingranaggio filmico conscritto da convulsi stacchi di montaggio ma con una mancanza di equilibrio e di misura nel racconto che finisce per appesantirlo, perso in un troppo caotico e dispersivo impatto estetico troppo fine a se stesso privilegiando la forma e un approccio stilistico (comunque di buon valore) al contenuto vero e proprio.

Il film finisce quindi per mostrare la corda di un gioco che funziona (quando funziona) su meccanismi quantomeno pretestuosi o su equilibri esilissimi, incapace di delineare con vigore gli spazi e le sue simmetrie in una sterile girandola di situazione che con il tempo perdono di lucidità e di vigore a cui non contribuisce un montaggio ipercinetico ma troppo frammentato.

 

Immune a tutto questo il cast, composto da attori di una certa fama o in rampa di lancio come Cillian Murphy, Armie Hammer, Sharlto Copley, Brie Larson e Jack Reynor, che riesce a fornire una prova piuttosto convincente nonostante personaggi di genere o alquanto inflazionate.

E a un Murphy stereotipato o a una Larson femme fatale poco convenzionale emergono soprattutto le figure più riuscite dell’impassibile e disincantato dandy di Hammer e, soprattutto, del ruvido e logorroico afrikaner di Copley.

 

VOTO: 5,5

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