Regia di Ben Wheatley vedi scheda film
Tff 34 – Festa Mobile.
Se l’anno scorso con High-rise, Ben Wheatley aveva lasciato intendere di aver vanificato una grande occasione per spiccare il volo, con Free fire il suo nome potrebbe cominciare a circolare anche al di là del mondo cinefilo puro e crudo.
Non s’inventa nulla di nuovo, ma il suo schema funziona a memoria, tra battute al fulmicotone e una pioggia di proiettili, ribaltamenti e sorprese che vanno oltre la logica, rimanendo però aggrappati al filo conduttore di tutta l’opera.
Boston, 1978. Un gruppo inviato dall’Ira deve recuperare un ingente quantitativo di armi da dei trafficanti. L’incontro avviene all’interno di un capannone isolato, il clima nell’aria è pesante, così che quando Harry (Jack Reynor) riconosce nel tossico Stevo (Sam Riley) il responsabile di un’aggressione subita da sua sorella, cominciano a volare proiettili. Inizia uno scontro all’ultimo sangue dal quale è impossibile sottrarsi, previa l’eliminazione dei nemici.
Free fire è una scheggia, impazzita e caricata a pallettoni ricercando l’eccesso. Ben Wheatley ha le idee chiare, limita al massimo i preamboli, entrando subito nel vivo, con una rapida introduzione, una situazione immediatamente bollente, per poi aprire le danze all’insegna di un riff brillante.
Il ritmo impresso è eccellente, la formula è navigata, ma anche costantemente propositiva; metti un sacco di soldi (e armi) all’interno di un luogo chiuso, due gruppi di personaggi senza scrupoli, quando non proprio carogne nate, e sei già a buon punto.
Se poi c’è un regista capace, il montaggio ti sorregge e i dialoghi scritti sono incalzanti, stupidi o pungenti, a seconda del momento, allora sei in una botte di ferro.
Prende così campo un gioco al massacro in salsa pulp, debitore del Quentin Tarantino prima maniera (Le iene), eliminando sovrastrutture e girando con qualche decibel in meno di potenza, rimanendo comunque altamente penetrante.
Contribuiscono alla causa un umorismo nero, con perle di saggezza disseminate in lungo e in largo, la colonna sonora, che corrobora i fatti, e poi i personaggi, un bel gruppo di pazzi, descritti andando ben oltre le canoniche righe.
Per renderli al meglio, ecco il cast delle grandi occasioni; Cillian Murphy ha una presenza invidiabile, Sharlto Copley sembra uno sbruffone nato, una canaglia anche impaurita (gli basta un graffietto per andare in paranoia), Brie Larson è la presenza che fa la differenza (per la serie, il futuro si sta preparando a indossare una gonna), addirittura funziona pure Armie Hammer, portato a diffondere charme, mentre Sam Riley è la scheggia fuori controllo e Jack Reynor ha una carica invidiabile.
Così, tra un fuoco incrociato, bisogna andare in un film bellico per trovare più pallottole esplose, il record di chilometri percorsi strisciando, tra il pericolo di essere colpiti e l’impossibilità di alzarsi dopo essere stati feriti, Free Fire può vantare un’immediatezza ammirabile; secco, follemente divertente, caustico e giocoso, con la sua spiccata volontà di incrementare all’inverosimile le ferite non mortali per protrarre il giusto, novanta minuti sono perfetti, la sagra della carneficina.
Talmente semplice eppure così efficace, un intrattenimento esagerato (in tutti i sensi).
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