Regia di Joe Verni vedi scheda film
Il glorioso thriller italiano degli anni 70/80 viene rincorso in ogni modo possibile. L’ambientazione è quella del filone d’alta moda di Nude per l’assassino e Sotto il vestito niente, con modelle implicate in una girandola di delitti. La patetica metafora di fondo fa riferimento alla celebre mantide religiosa, un po’ per esplicitare fino alla nausea il sottotesto femminista d’accatto del “loro ci sfruttano chiedendo il nostro corpo in cambio, noi poi gliela facciamo pagare”, un po’ per richiamare il filone animalesco che dall’uccello e dalle mosche di Dario Argento portava i gialli nostrani fino a farfalle, scorpioni e tarantole. Infine, la presenza di una setta come causa della follia omicida ci riporta fin troppo esplicitamente a Tutti i colori del buio e non è poi così distante da Tulpa, omaggio di Federico Zampaglione che a confronto pare Profondo rosso. Il punto è uno: il thriller nostrano era sì firmato dai registi, ma confezionato da professionalità eccellenti nei settori chiave (fotografia, montaggio e musiche). Qui ci sono solo buone sequenze al sangue, grazie alle uniche eccellenze messe in campo: Gabriele Albanesi (ahi lui, anche cosceneggiatore) in produzione esecutiva e Sergio Stivaletti agli effetti speciali. Il resto sono sequenze soporifere di inusitata logorrea, che soffocano il genere sotto il peso di un tentativo abortito di riflessione sociale. A proposito, e lo stalking evocato dal titolo? Dura il tempo di due scene, poi scompare assieme al film.
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