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Blanka

Regia di Kohki Hasei vedi scheda film

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La recensione su Blanka

di OGM
6 stelle

Cantare insieme. Un modo per non perdersi. L’emarginazione delle bidonville è un oceano in cui trovarsi è una questione di fortuna, ed ogni incontro può rivelarsi pericoloso. Blanka è un’orfana, che tappezza il quartiere di fogli fotocopiati, contenenti uno strano annuncio: è disposta a pagare, pur di avere una madre. I suoi coetanei, con cui condivide il disagio di chi non ha niente e nessuno,  non sono veramente suoi amici. Il punto è che quando Blanka ruba, cerca di tenere i soldi tutti per sé.  Del resto è gelosa della sua diversità, della sua autonomia, che la salva dall’infido mondo delle bande di ragazzini. A suo modo, nell’animo, è una principessa, che ama la solitudine, vuole distinguersi, si sente una persona fuori dal comune. E intanto sogna la fama e la ricchezza. Lei, che è forte e dolce di natura, ha la tipica bellezza genuina e selvaggia delle eroine plasmate dalla durezza della vita, che nonostante le condizioni avverse, non si sono lasciate privare della loro libertà. Blanka, a dispetto della sua tenera età, vuole scegliere da sé la propria strada. Se sbaglia, sa rimediare agli errori, aggiustando il tiro delle sue aspirazioni, costrette a mantenersi in equilibrio tra l’incanto della favola infantile e una realtà resa invivibile dalle perversioni degli adulti. Intorno a lei regna un male che non le appartiene, e che pure la lambisce, ad ogni passo, ricordandole che in quella caotica e squallida periferia di Manila non esistono angoli di paradiso. Ci sono, magari, solo per l’immaginazione: basta chiudere gli occhi, per vederli emergere dal buio. Laddove la miseria materiale sembra invincibile, e quella morale è continuamente in agguato, resiste, tenacemente, il potere magico della fantasia. È un’energia interiore che parla l’immortale linguaggio dell’arte, e che riesce a mettere casa ovunque, anche sotto il cielo aperto, anche in mezzo ad una piazza. Conquista lo spazio con la stessa facilità con cui travalica i limiti del tempo: è così che Blanka, la bambina senza famiglia, e Peter, il vecchio vagabondo venuto chissà da dove, riescono, in attimo, a diventare una cosa sola. Peter è cieco,  e forse questo fa  parte del segreto: poter ignorare il mondo circostante permette di spalancare lo sguardo su orizzonti fatti di ricordi, di speranze, forse di illusioni, che si levano in volo, sopra il presente, seguendo i versi di una canzone popolare. La musica suonata per la gente. all’angolo di una via, o tra i tavoli di un locale notturno,  interpreta, con accorata semplicità, l’armonia di una poesia lontana, ma comunque possibile: una melodia che scalda il cuore anche solo per la passione di chi la esegue, con estrema naturalezza, come se quelle note fossero l’eco di una voce interiore. Una voce troppo a lungo rimasta nascosta, nel silenzio forzato  dell’indifferenza e della paura. Questo film non ha nulla da offrirci, almeno nulla di cinematograficamente grande, di letterariamente memorabile. Il suo è un piccolo omaggio, che ci viene porto con un gesto timido ma sincero: è la traccia dolente, ma luminosa, di un giovane orgoglio ferito.  Il vivido fiore di un desiderio che, pur se confinato nell’umiltà, non si lascia strappare dalle radici,  come una rarità da possedere, né calpestare con sdegno, come una cosa di poco conto. 

 

scena

Blanka (2015): scena

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