Regia di Jake Mahaffy vedi scheda film
72° FESTIVAL DI VENEZIA - ORIZZONTI - PREMIO COME MIGLIOR FILM
La fede spesso aiuta a vivere, dà sicurezza per affrontare situazioni delicate o difficilmente superabili, permette a chi ci si rifugia di trovare un senso che spieghi ingiustizie o disgrazie che la vita spesso calamita sulle esistenze senza guardare in faccia i destinatari.
A volte la fede ci appartiene come un carattere insito in noi, a volte ce ne appropriamo per superare tali situazioni drammatiche altrimenti impossibili da affrontare.
Le religioni in generale sono il veicolo per indirizzare l'uomo al culto del proprio dio. Esse si sviluppano, suddividono, si scontrano tra di loro, formando un nucleo di principali correnti, all'interno delle quasi si sviluppano chiese e culti più disparati e più o meno ufficiali. In Free In Deed, ci troviamo di fronte ad una delle molte dottrine di culto che in America, ma non solo, sono lasciate ad una libera interpretazione del culto cristiano: pastori più o meno improvvisati, affabulatori più o meno dotati di quell'appeal in grado di trascinare presso di sè folle di infelici o sventurati, spesso succubi di qualche problema, dispiacere o di malattia che li fa avvicinare tardivamente e, in un certo semso, piuttosto opportunisticamente, al culto di una fede che viene considerata come l'ultimo spiraglio verso una barlume di soluzione, l'ultima carta da giocarsi per sopravvivere.
Una madre disperata si avvicina alla chiesa di quartiere per cercare una soluzione che riesca a farle guarire il giovane figlio, gravemente malato di mente, pericoloso, inaffidabile ed ormai quasi ingestibile, allontanato dalla scuola e divenuto un pericolo per chiunque gli stia attorno.
Il prete di una chiesa di culto cristiano non ben definita, che esercita la sua eccentrica e teatrale professione e catechesi in un locale semi-interrato del quartiere, si prende a cuore e con estrema serietà ed impegno la problematica del ragazzo, sottoponendolo ad uno dei suoi riti eccentrici e scenici con cui è solito impressionare favorevolmente il suo gruppo di fedeli: ma qui la malattia è palese e non ammette coinvolgimenti emotivi da parte di una persona in altri casi ancora lucida, che qui invece non può cogliere le suggestioni del rito, in quanto non in grado di ragionare, né nel contempo provare emozioni e lasciarsi trascinare da accattivanti cerimoniali liturgici che sfiorano, o talvolta rasentano, l'eresia.
Tratto da in fatto di cronaca drammatico realmente accaduto, il film descrive l'ambiente, la situazione, con realismo che rifugge l'enfasi e prova nel suo epilogo da un lato a domandarsi come si è potuto arrivare a tanto, dall'altro a descrivere gli scrupoli di coscienza e il senso di colpa che affliggono il pastore quando la situazione inizia a capovolgersi e ad investirlo con una disgrazia di portata davvero grave .
Un buon film questa "tragedia filmata", opera del neozelandese Jake Mahaffy; forse non il più convincente prodotto della sezione Orizzonti, ma pur sempre un film teso, serio e condotto con razionale intento documentaristico che si attiene con lucidità ai fatti di cronaca ed esula dal facile sensazionalismo di certi prodotti commerciali che virano puerilmente all'horror esoterico, banalizzando il contesto di fondo.
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