Regia di Alberto Caviglia vedi scheda film
Nel 2006 l'improvvisa scomparsa del giovane Leonardo Zuliani (Giordano), attivista infaticabile per i diritti di espressione dell'antisemitismo, mette l'Italia in subbuglio. Si susseguono manifestazioni in tutto lo stivale, le televisioni ne danno notizia incessantemente, si interrogano esperti di media, sociologi, psicologi, critici letterari, mentre le autorità internazionali si mobilitano sul caso. Già, perché Leonardo Zuliani, protagonista anche di un biopic che ne ricostruisce le gesta (Paura d'odiare), è l'emblema della lotta radicale agli ebrei. Inventore di una tastiera speciale (la hateboard) per insultare in automatico sui social, di un kit per bruciare la bandiera israeliana, sommo stratega da stadio capace di eludere la sorveglianza dei celerini sugli striscioni a suon di anagrammi ("ebreo trippone crepa" è quello di "troppe pecore in erba"), Zuliani diventa l'eroe santificato di un mondo interamente alla rovescia, oggetto di un'agiografia che passa indistintamente dalla bocca della madre e della sorella a quella degli amici d'infanzia o agli esponenti della Lega Nerd (sic).
L'idea di Alberto Caviglia, trentenne romano ebreo con una laurea in filosofia, porta al parossismo il linguaggio del politicamente scorretto che ha già in Sasha Baron Cohen uno dei suoi alfieri più illustri. La realizzazione è impeccabile, piena di inventiva, realizzata come un mockumentary fatto di testimonianze, interviste ad esperti (Corrado Augias, Tinto Brass, Gianni Canova, Claudio Cerasa, Ferruccio De Bortoli, Giancarlo De Cataldo, Elio, Fabio Fazio, Carlo Freccero, Linus, Giancarlo Magalli, Enrico Mentana, Vittorio Sgarbi, Kasia Smutniak e Mara Venier compaiono nei panni di loro stessi, tutti ugualmente credibili), footage, trovate esilaranti come quella della New Bible Redux, che fa scomparire i riferimenti agli ebrei dalla Bibbia. Il problema del film è quello di abbordare spesso la battuta di grana grossa, di lasciarsi attrarre dalla corriva viralità del web, di aggirarsi sempre sugli stessi stereotipi antisionisti e di dilatare spasmodicamente l'idea da barzelletta che gli sta dietro. Ma il film sprizza intelligenza, ha coraggio e chissà che Caviglia, maturando, non ci proponga in futuro un vero capolavoro.
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