Regia di Alberto Caviglia vedi scheda film
Per quanto sia riduttivo cercare di spiegare il lavoro di un regista facendo riferimento ad opere e autori che lo hanno preceduto, è impossibile non pensare, durante la visione di "Pecore in erba", a un precedente illustre come quello realizzato da Woody Allen nel 1983, che in "Zelig" raccontava le avventure del suo personaggio come se questi fosse realmente esistito e vissuto all'epoca dei fatti in cui si svolge la vicenda. Di quel film, "Pecora in erba" eredità non solo l'utilizzo di una forma filmica, il mockumentary, che nel frattempo ha assunto lo status di genere cinematografico e una frequentazione che in Italia ha prodotto un gioiello come "Il mundial dimenticato" di Lorenzo Garzella e Filippo Macelloni, ma anche, e diremmo soprattutto, l'idea di un cinema che si fa beffa della verità, attraverso il primato di una realtà caotica e indecifrabile. Ricordiamo inoltre che Allen, raccontando la storia di un uomo dalla mille personalità, trasportava sul piano dei contenuti l'essenza stessa di una pratica produttiva in cui confluivano estetiche e formati tra i più disparati. Esattamente quello che succede nel film di Alberto Caviglia, il quale, mettendo in scena la ricostruzione di una doppia indagine - quella per cercare di ricostruire l'identità di Leonardo Zuliani (quasi omonimo del Leonard Zelig alleniano), misteriosamente scomparso e l'altra, inserita tra le righe, che scava nelle ragioni della rinnovata ondata di antisemitismo presente in varie regioni del mondo - da vita ad un film che, alla pari dei vari Maccio Capotonda (Italiano Medio) e Enrico Lando (I soliti idioti), ricicla con divertente fantasia quell'estetica newbrow alla quale oggi, viene fatto risalire il melting pot di cultura popolare, che pesca tanto dal cinema quanto dalla tv, e poi ancora dal fumetto e, in questo caso, addirittura dal fotoromanzo, presente negli inserti in cui la narrazione procede attraverso la giustapposizione in serie di scatti che contribuiscono a raccontare il passato del fantomatico personaggio.
Partendo dal paradosso di giustificare l'avversione contro gli ebrei, manifestata dalle azioni di Leonardo che ad un certo punto subisce suo malgrado il contrappasso di una persecuzione uguale e contraria a quella che lui vorrebbe applicare ai suoi presupposti nemici, Caviglia ne approfitta per mettere in scena un gioco delle parti simile a quello a cui assistiamo ogni giorno attraverso l'informazione del chiacchiericcio mediatico. E siccome si tratta un film come "Pecora in erba", in cui la finzione risulta essere più vera della realtà, capita anche che a far parte del teatrino partecipino nella parte di se stessi, figure di riferimento del panorama civile e culturale, come Corrado Augias, Giancarlo De Cataldo, Carlo Freccero e molti altri, che si prestano al tono satirico e grottesco adottato dal regista. Ad emergere in maniera neanche troppo velata, è uno scenario umano, sociale e politico incoerente e irrazionale, in cui la massa, pressochè incosciente e quindi pronta ad adottare passivamente le ragioni del leader di turno (a proposito del trasformismo di cui accennavamo all'inizio), altro non è che un fucile puntato sul malcapitato di turno. Le scene divertenti non si contano come anche i motivi su cui riflettere; la cosa buona, è che Caviglia riesce a tenere duro, rimanendo alla larga dalle derive della commedia italiana più diffusa. Peccato però, che il film non abbia voglia di durare un pò di meno, rinunciando a quei pregi che normalmente si accompagnano al dono della sintesi. Qualcosa si perde, soprattutto in termini di sorpresa di un meccanismo che ad un certo punto diventa sin troppo scoperto e quindi prevedibile. Davide Giordano che di "Pecore in erba" incarna sia il concetto del film che il suo personaggio, è perfetto nell'interpretazione di un uomo che non c'è.
(pubblicata su ondacinema.it)
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