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Italian Gangsters

Regia di Renato De Maria vedi scheda film

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La recensione su Italian Gangsters

di maghella
7 stelle

Uno spaccato della nostra storia italiana attraverso 6 banditi, che hanno terrorizzato Torino, Milano e Bologna per un intero trentennio. Pietro Cavallero  e la sua banda, Ezio Barbieri, Luciano De Maria, Horst Franzini , Paolo Casoroli e Luciano Lutring -detto anche 'il solista del mitra', per via che nascondeva l'arma in una custodia di violino- sono stati i protagonisti assoluti della malavita urbana dagli anni '30 fino alla fine degli anni '60.

Il film non può definirsi "solo" un documentario, data la sua impronta  narrativa quasi teatrale, dovuta alla interpretazione dei 6 giovani attori. Non ci sono fotografie o troppe immagini di repertorio riferite ai banditi originali. Salvo nella seconda parte quando vengono raccontate le varie catture, in cui si possono vedere alcune scene tratte da telegiornali dell'epoca, o articoli di giornali con i titoli degli arresti. Poca roba, che non sarebbe certo bastato ad un solo cortometraggio.

Il racconto delle vite e delle opere dei banditi è lasciato ai primi piani dei volti degli attori e ai loro monologhi. Tutto però con un certo ordine narrativo.

Dati anagrafici, ambiente famigliare, amicizie, provenienze politiche, amori, desideri, sogni di gloria, la bella vita, e i colpi andati a segno.

L'Italia alla fine della guerra è povera e disperata, tutto sembra distrutto e tutto è  quindi da ricostruire.Tutto è  possibile. Aleggia ancora in alcuni -come racconta Pietro  Cavallero- l'anima rivoluzionaria comunista, il sogno partigiano. Perché  vanificare tutto quello che si era imparato nelle azioni di restenza militare di allora?

Ezio Barbieri è  convinto di essere il padrone di Milano, può fare, andare e prendere tutto ciò  che vuole. Paolo Casaroli è il più concettuale, quello che è  convinto di appartenere ad un genere superiore, il suo destino è  stato scelto da un "testa o croce" tra amici: croce si cercava un lavoro, testa si rapinava una banca....è  uscito testa. Luciano Lutring è  attratto dalla bella vita, dai modi gentili, proveniente da una famiglia modesta ha avuto sempre dei sogni che lo hanno spinto verso una vita lussuosa e agiata.

Horst Franzini rivendica la sua origine anarchica, e ha sempre mantenuto il principio di non uccidere, non mettendo mai proiettili veri nella sua pistola. Luciano De Maria è quello che preferisco, il bandito  "gentiluomo", colui che ha ideato e messo in atto il colpo del secolo (di cui molto probabilmente ha vissuto una volta uscito dal carcere, visto che la polizia non riuscì mai a trovare la refurtiva).

Ma come ho detto all'inizio il film non è "solo" un documentario, non si limita "solo" a raccontare le vite e le gesta -alcune davvero epiche- dei personaggi. Vi è la volontà di catturare attraverso le parole, le foto dell'epoca e sopratutto con le immagini dei film gialli e polizieschi anni '70, tutto una documentazione storica che non siamo ancora abituati a concepire come tale. Il cinematografo, legato ad un certo tipo di letteratura di quegli anni (penso sopratutto  a Giorgio Scebarnenco) aveva catturato quella che era l'atmosfera  reale di quel periodo, che poi col tempo si è  trasformata in immaginazione collettiva.

Sono infatti moltissimi i film e i racconti che narrano le gesta di questi banditi:"La banda Casaroli" di Florestano  Vancini ad esempio, con Renato Salvatori è  del 1962. "Milano calibro 9" del 1972 di Fernando Di Leo (uno dei miei preferiti di questo genere), tratto da un racconto di Scerbanenco è  una fotografia vicinissima alla realtà malavitosa di quegli anni, ma non solo, anche alla sua mentalità,  agli usi e alle mode che giravano intorno a certi personaggi.

Molto spesso sono apparse le immagini  de "La classe operaia va in paradiso" di Elio Petri,  sempre a sottolineare il periodo storico con le sue confusioni politiche e concettuali.

Mi è  piaciuta moltissimo questa idea di utilizzare gli spezzoni di questi film che ho menzionato e di altri autori (Mario Bava, Marco Bellocchio per dire altri due nomi di tutto rispetto) come repertorio storico di documentazione .

Chi ha visto questo film è  figlia di quel periodo, ma è  anche figlia di questa memoria storica diventata collettiva grazie al cinema impegnato e non di quegli anni così intensi, pericolosi e creativi che andavano dal dopoguerra fino ai '70.

I personaggi che vengono raccontati sono è rimangono dei banditi,  sia ben chiaro,  non sono eroi. Alcuni di loro sono stati spietati e hanno ucciso persone che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. O peggio, che stavano svolgendo semplicemente il loro lavoro. Eppure tutti hanno pagato il loro debito con la giustizia, Horst Fantazzini non è  mai uscito di galera nonostante non avesse mai ucciso nessuno in vita sua.

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