Regia di Franco Maresco vedi scheda film
Se Belluscone è il dramma grottesco della triste Palermo di oggi, Gli uomini di questa città io non li conosco è il documentario serio della bella Palermo di un tempo. Vita e opere di Franco Scaldati è il sottotitolo di questo ottimo documentario firmato Franco Maresco, un’occasione per raccontare le trasformazioni culturali e sociali di una città che oggi si fatica a credere che un tempo fosse ricchissima di fermento culturale. Scaldati, che dai piccoli teatri di quartiere riesce ad approdare al Teatro Biondo, il primo teatro di prosa di Palermo, non si arrende mai ai gusti del teatro professionista e cerca di mantenere quella purezza che è propria delle sue opere teatrali e delle sue poesie. L’interesse di Scaldati nel cercare di salvare il dialetto palermitano come forma di patrimonio culturale tradizionale (un po’ quello che Pasolini professava nelle sue borgate romane) si riflette in una prosa dialogica violenta e sboccata, in cui è la sincerità e l’ingenuità, quasi un rapporto più sereno con la natura, ad essere il tratto comune – vedasi al riguardo il finale catartico del tragicomico Il pozzo dei pazzi.
Maresco riporta filmati di repertorio che raccontino anche l’evoluzione necessaria di un autore rimasto sempre fedele alle sue tematiche fondamentali, ma sempre diverso perché ribelle contro una società in forte declino e terribile degenerazione – comunque in continua metamorfosi. Vive lo smantellamento urbano della città, l’avvento di Cosa Nostra, l’era berlusconiana, ma si mantiene sempre moderno e attuale, benché purtroppo sempre più debole. Se da un lato il regista palermitano porta avanti il film con questo piglio documentaristico, dall’altro lo arricchisce con le interviste ad alcune personalità illustri, che raccontano di Scaldati, delle sue paure e dei suoi turbamenti, come anche delle sue (poche) soddisfazioni di vita. Poco conosciuto allora e tuttora – agghiaccianti le interviste nel finale -, Gli uomini di questa città.. esclama ad ogni minuto l’urgenza di sé e della sua realizzazione, a colmare una lacuna fondamentale nel patrimonio conoscitivo italiano se non europeo, quella riguardante un artista che ha saputo trasformare ciò che tutti ritenevano basso e cacofonico in qualcosa di alto e lirico.
E dal canto suo Maresco riesce a fare un documentario propriamente cinematografico sempre sincero e accattivante, avvincente anche e soprattutto per chi Scaldati non lo conosceva, e che non assomiglia a niente che circola in televisione. Da ricordare una partecipazione cinematografica di Scaldati non citata da Maresco nel film: quella per Raul Ruiz nel corto Il pozzo dei pazzi, ancora salvo in poche rarissime copie e proiettato a giugno al Sicilia Queer FilmFest.
Presentato fuori concorso a Venezia 72.
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