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Ti guardo

Regia di Lorenzo Vigas vedi scheda film

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La recensione su Ti guardo

di spopola
8 stelle

Ti guardo, opera prima del venezuelano Lorenzo Vigas, è un raggelato melodramma omosessuale intenso e perturbante che ha come cornice le strade dissestate e gli appartamenti anomali di una Caracas impersonale e distante.

Discusso leone d’oro a Venezia del 2015,Ti guardo (Desde Allá in originale) che è anche il felice esordio nel lungometraggio di finzione del giovane regista Venezuelano Lorenzo Vigas, è un raggelato melodramma omosessuale che abolisce anche la musica di commento per amplificare il senso di vuoto, anche sonoro, che avvolge i due protagonisti.

Il film si fa apprezzare grazie a una regia [A1] priva di orpelli, essenziale e tagliente come un bisturi che utilizza spesso e con sapienza, il fuori campo. Duro, fatto di silenzi più che di parole ma tutt’altro che oscuro nel significato perché bastano gli sguardi a farci comprendere le complesse situazioni anche psicologiche delle vite pregresse dei due protagonisti della storia. Vigas insomma porta in assoluto primo piano l’incontro/scontro dii due devastate solitudini che nascondono molti traumi che hanno lasciato ferite difficilmente rimarginabili. Aiuta molto in questa definizione dei caratteri soprattutto visiva, anche il sapiente utilizzo di una cinepresa duttile, spesso tenuta fissa che annulla la profondità di campo e isola le figure al centro dell’inquadratura e che diventa a sua volta preziosa testimone muta degli eventi sullo sfondo di una Caracas squallida, allucinata, rumorosa e disordinata, fotografata a volte fuori fuoco, fortemente inquinata dalla povertà e dai ruoli sociali invalicabili, specchio di un paese piegato da una profonda crisi economica dove si è costretti a fare la fila anche per comprare il pane e dove sembra persino difficile ritrovare la propria umanità (o per dirla ancora meglio, la propria identità maschile e sessuale).

 

Ma fra i valori aggiunti che sono tanti, il più importante riguarda l’interpretazione quasi catatonica di un Alfredo Castro superlativo (non male anche Luis Silva  il giovane ragazzo) che utilizza una mimica tutta in sottrazione nella quale anche un sopracciglio sollevato riesce a raccontare più cose di un intero discorso articolato. Bastano insomma pochissimi accenni per  farci comprendere che la figura paterna (o forse la sua mancanza) ha influito negativamente sui due protagonisti e sarà proprio questo il primo, vero trait d'union tra i due, ma, allo stesso tempo, anche la causa della tragedia, a cui peraltro non assistiamo direttamente ma solo da lontano attraverso lo sguardo impassibile di Alfredo (ci era già stata anticipata in una scena precedente attraverso 3 bossoli già esplosi di pistola buttati con indifferenza e sfida, sul tavolo della cucina dell’appartamento in cui i due abitavano insieme.

 

La dialettica tra distanza e contatto insomma pervade il film e ne diventa la cifra caratterizzante che costringe lo spettatore a porre la massima attenzione al fine di cogliere ogni mutazione interiore dei protagonisti in questo magistrale percorso a ostacoli in costante equilibrio tra delicatezza e violenza, che si esplicita quasi sempre rigorosamente fuori dal campo visivo, che è il mezzo con cui   il regista espone ed esplora, una doppia tesi sul sentimento d'amore.

Luis Silva

Ti guardo (2015): Luis Silva

 

SINOSSI

 

La pellicola narra l'intrecciarsi delle storie di Alfredo e di Élder: il primo è un agiato odontotecnico di mezza età che ha l'abitudine di adescare dei giovani ragazzi un po' sbandati ai quali offrire denaro per osservarli senza maglietta e con i pantaloni e le mutande abbassate, senza però mai toccarli e quindi solo per potersi masturbare (vedi la prima scena che in questo senso è molto eloquente).

Élder è invece un giovane teppista che un giorno, dopo essere stato adescato da Armando, lo deruba e gli molla pure un pugno proprio in piena faccia. 

I due, però, dopo questo traumatico incontro/scontro cominciano lentamente e fra molte difficoltà, a costruire un rapporto inizialmente caratterizzato da interessi divergenti, ma che con il tempo diviene sempre più solido e profondo (anche sotto il profilo strettamente sessuale) e condiviso. Mi fermo però qui perché a mio avviso spoilerare in questo caso sarebbe una scorrettezza inqualificabile e quindi il resto dovrete scoprirvelo da soli attraverso la visione di quest’opera davvero singolare se vi interessa la storia.

Alfredo Castro, Luis Silva

Ti guardo (2015): Alfredo Castro, Luis Silva

 

Rivisto stanotte su Rai3, mi è piaciuto ancor più suscitando in me emozioni più forti e coinvolgenti di quelle provate ormai un po’ di anni fa in occasione della mia prima visione in sala, tanto da farmi aggiungere un’altra messa stelletta (cosa che faccio raramente) al giudizio già positivo espresso in tale circostanza.

 

Alfredo Castro

Ti guardo (2015): Alfredo Castro

Non avevo però ancora scritto una recensione completa pubblicando soltanto qui sul sito alcune impressioni ripotate a caldo in calce ad alcune recensioni negative e quindi mi è sembrato giusto trascriverle di nuovo qui perché dopo la rinnovata visione di questa notte, ho potuto constatare che mi ci ritrovo ancora perfettamente dentro e che quei giudizi lontani sono ancora perfettamente aderenti al mio sentire di adesso:

 

Mi sembra giusto (e anche importante) partire proprio dalle parole del regista che ha dichiarato più volte in maniera quasi ossessiva che il film mette in scena una storia d'amore e tradimento raccontata come se si trattasse di un melo raffreddato (si potrebbe sintetizzare dicendo addirittura che è la storia di un amore "freddo come la morte") ma che ha alle spalle (questo lo aggiungo io) pure una forte carica di critica sociale”.

Il film ha dalla sua anche una potenza formale di straordinaria rilevanza che usa "filtri estetici" che (a mio modesto avviso) rimandano  direttamente al cinema prima maniera di Pablo Larrain (anche se i nomi di Pasolini e soprattutto di Fassbinder sbandierati da più parti, non sono certo stati  fatti a caso e non per il fatto che anche qui c'è una tematica che rimanda a un certo tipo di omosessualità… diciamo “a pagamento” tanto per intenderci meglio, ma bensì per altre ragioni molto più profonde che riguardano semmai lo stile, l'approccio alla materia e, solo in piccola parte, lo svolgimento.

A me sembra insomma che - sia pure con qualche pecca  ma non si deve mai scordare che si tratta comunque di un'opera prima - che per fortuna il Leone d’oro vinto a Venezia  ha permesso di sdoganare la visione in sala di questa pellicola anche qui in Italia (del premio mi interessa solo questo aspetto) poiché altrimenti forse questa pellicola non sarebbe mai arrivata sui nostri schermi e lascio dunque agli altri le discussioni, i se e i ma, per stabilire se fosse effettivamente meritevole di primeggiare in una rassegna come quella di quest’anno, zeppa di opere forse anche più composite e mature.

Vargas, comunque la si pensi, è stato comunque molto bravo nel riuscire a mescolare con destrezza psicologia e sociologia poiché davvero se da un lato le vite diverse e contrapposte dei due protagonisti nascono da un trauma comune (la mancanza/ assenza del padre – anzi, dei padri) dall'altro il particolare rapporto che si instaura fra i due sottintende anche una strategia di potere e della sua gestione: i due appartengono a due classi sociali diverse e lontane e il film sembra dunque voler suggerire che in una società come quella Venezuelana non c'è possibilità di dialogo, né tantomeno esistono occasioni che possono provare a  ribaltare ruoli consolidati.

Per concludere insomma lo considero un film tutt'altro che politicamente corretto capace di offrirci uno sguardo sconcertante sulle disfunzionali storture socio/politiche che non sono solo del Venezuela ma che lì purtroppo assumono valenze ancora più profonde e ostili.

 

 [A1]

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