Regia di Marcel Carné vedi scheda film
Un ex pugile gestisce una scalcinata palestra più che altro con l’obiettivo di tenere i ragazzi lontani dalla strada, ma anche con la speranza di allenare un futuro campione: perciò, quando individua un giovanotto promettente, lo accoglie in casa e lo tratta come un figlio; ma sua moglie è stufa di quella vita e vorrebbe trasferirsi in Costa Azzurra, dove ha ereditato una villetta; e d’altra parte il ragazzo viene irretito da una mondana, prossima a contrarre un matrimonio di interesse. La storia ricalca il classico schema del melodramma ottocentesco “donna perduta che si sacrifica per amore” (vedi alla voce Violetta Valéry). Gabin giganteggia, ruvido e granitico; Arletty gli tiene testa, anche se non è più tempo di albe tragiche; la recitazione (o meglio il doppiaggio) enfatizza i toni, specialmente quelli del giovanotto; la coproduzione italiana spiega la presenza di una famiglia di immigrati composta da Folco Lulli, Ave Ninchi e Maria Pia Casilio. Comunque è uno strano titolo: Parigi si vede e si sente poco, ci si muove quasi sempre in interni gravidi di fumo e sudore.
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