Regia di Emin Alper vedi scheda film
Poche parole su Frenzy di Emin Alper, in concorso a Venezia 72. Il regista turco parte dalla storia di due fratelli, tutti e due più o meno devastati dalla vita. Kadir esce di prigione con la condizione di lavorare per i servizi segreti spiando e origliando nel suo quartiere degradato, Ahmet viene lasciato dalla moglie e dai figli e dà inizio a una paranoica vita di clausura sempre più torturato dalla consuetudine barbarica – che fa per lavoro – di sbarazzarsi dei cani randagi della città sparando loro con un fucile. Abluka, hitchockianamente Frenzy e in italiano Follia, è un film che mette in crisi la dimensione percettiva dei suoi personaggi e dello spettatore, elaborando tramite una regia serratissima una lenta, teorica, degenerazione della mise en scene, portando talmente al centro i personaggi da lasciare che il resto si riveli evanescente e rarefatto. Il processo evolutivo che porta i due fratelli all’allucinazione e alla distorsione mentale è percorso passo passo, ma senza derive parapsicologiche, da Alper, con maestria e attenzione per la fotografia, il chiaroscuro, la luce, i dettagli. Sfruttando gli strumenti teoricamente più elementari del mezzo filmico Alper cattura l’angoscia crescente dei due fratelli, idealmente la divisione fra claustrofobia e agorafobia, reinterpretando la crescente indefinizione dell’immagine con la crescente incapacità dei due protagonisti di percepire il reale, quello di una Istanbul scatenata e resa caotica da guerriglie intestine. Il risultato è un disagiante thriller horror che rielabora e accentua e acuisce i sensi (in maniera analoga ma più sottile di Brad Anderson in Sounds Like), e che materializza nel dramma dei singoli la decadenza di un intero Paese, con la sfrontatezza necessaria per sparare allo spettatore a quasi ogni scarto di montaggio. Inaspettatamente incredibile.
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