Regia di Michael Moore vedi scheda film
Ogni tanto torna a farsi vivo il buon Michael Moore, un po' il padre del filone del documentarismo radicale degli anni zero, che ha generato da noi, tanto per capirci, il cinema di Sabina Guzzanti, purtroppo. Gli anni passano, ma lo stile non è cambiato: lui è molto abile nel fondere il passo tipico da commedia scanzonata con temi più profondi, l'impegno con un certo scazzo, che fa piacere il suo Cinema un po' a tutti, sempre che siate degli illuminati progressisti, sia ben chiaro. E' questo l'unico limite, se si vuole, di tutti i suoi lavori: non ha mezze misure, è schierato politicamente, anche se il campo politico d'azione, in fondo, vorrebbe essere solo il buon senso. Questa volta, Moore, decide di "invadere" alcuni paesi del mondo, essenzialmente europei, per riportare in patria le idee migliori riguardanti il welfare, l'istruzione o la sicurezza. E' chiaro che in ogni paese in cui si reca, Italia compresa, affianca le figure più illuminate all'America peggiore e così facendo non può che suscitare riprovazione e stupore nello spettatore, ma è anche, a mio modo di vedere, un po' un ricatto e una banalizzazione: se vieni in Italia e mostri un mondo del lavoro pulito, bello, solidale, in cui traspare solo l'allegria, il mare, il sole e le vacanze retribuite accompagnate dalla musica di "Nel Blu Dipinto di Blu", fai un lavoro non del tutto sincero sulla realtà lavorativa del nostro paese e sui problemi che sussistono, è una visione forzata. Insomma, mi pare che scelga un po' gli estremi, in tutti i sensi, costruendo ad hoc la sua idea politica. Tuttavia, il documentario resta interessante e godibile, e spinge, come suo solito, a parecchie riflessioni importanti, anche più profonde di quello che ci si aspetterebbe da un signore un po' goffo che si trascina per mezza Europa con una bandiera americana in spalla. Al netto di tutto quello che ho scritto, "Where To Invade Next" è purissimo Michael Moore: prendere o lasciare.
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