Regia di John Cassavetes vedi scheda film
Storia di Robert Harmon, un attempato dongiovanni che, sotto la copertura di scrittore di libri basati sul vero, passa notti di deboscia in compagnia di ragazzotte puntualmente pagate al mattino successivo. Questo è, del resto, il modo con cui pensa di poter risolvere i problemi: quando l'ex moglie gli domanda se può farle un favore, risponde «se si tratta di soldi, sì» (si tratta, invece, di tenere un paio di giorni il figlioletto).
E storia di sua sorella pazzerella, cacciata dal marito (un serio architetto) e abbandonata dalla figlia quattordicenne, stufa delle sue stravaganze.
Il primo, dopo avere miseramente fallito l'appuntamento con il figlio di otto anni, che non ha più visto dalla nascita, ha quasi un ravvedimento finale, trasformandosi in una sorta di Noè, che mette in salvo gli animali del piccolo circo domestico creato dalla sorella (che per mestiere è una specie di clown a domicilio), portandoli al primo piano della sua villa sulle colline di Burbank, mentre fuori comincia ad infuriare un temporale che prelude a un diluvio. E nell'ultima sequenza, mentre la sorella si allontana sull'ennesimo taxi, Robert si toglie il buffo cappellone da patriarca biblico e fa un saluto che, con il senno di poi, costituisce l'addio di Cassavetes al proprio pubblico, in uno dei momenti davvero commoventi del film. Anche perché il lavoro successivo del regista newyorkese, il suo ultimo, è un lavoro che ha poco dell'anima di Cassavetes, ormai condannato dalla cirrosi epatica (Il grande imbroglio era già stato iniziato da Andrew Bergman, quando, soprattutto per amicizia con il protagonista Peter Falk, Cassavetes subentrò dietro la macchina da presa).
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