Regia di Jason Bateman vedi scheda film
Innanzitutto il genere attribuito a questo film è sbagliato: questa non è una commedia, è un film drammatico. Direi quasi una tragedia mimata nel senso della tragedia greca: solo uccidendo i propri genitori due figli riescono a diventare adulti. Ditemi voi se vi pare che ci sia da ridere.
Il film comincia in modo assai promettente: una coppia di artisti negli anni '70 intende l'arte come organizzazione di eventi disturbanti nella vita comune: rapine, sparatorie, liti, ferimenti sono rappresentati tetralmente, e a volte persino realmente, per far emergere lo scandalo nella gente comune, per creare rabbia e sconcerto.
Mentre la coppia di artisti conquista tutta la nostra simpatia nelle prime scene, nello svolgimento del film scopriamo tutto il dolore che queste performance hanno generato nei figli. A e B, fratello e sorella, partecipano coartatamente alle installazioni nel mondo reale, e lentamente appare chiaro che sono usati al servizio del fine ultimo supremo dei loro genitori, la creazione artistica.
Purtroppo le grandi speranze che suscita la prima parte del film si affievoliscono lentamente: il finale che risolve il mistero della sparizione dei due genitori è il più banale che ci si poteva aspettare e la catarsi di A e B verso la libertà adulta è tenuta in piedi solo dalla recitazione della Kidman, perchè la recitazione di Bateman è ispirata come quella di un ciocco di legna da ardere. La scena final, atteso culmine del dramma che dovrebbe portare alla catarsi, è così poco coinvolgente che Christopher Walken pare imbarazzato di doverla girare. Peccato, l'idea valeva la pena di una regia migliore.
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