Regia di Gianfranco Cabiddu vedi scheda film
Disamistade, in sardo, significa certamente inimicizia, ma il termine implica anche qualcosa di più: indica una faida che non può avere termine se non quando sia stato versato il sangue dell’ultimo componente delle famiglie coinvolte.
Nella disamistade viene coinvolto Sebastiano Catte che, mentre si trova in collegio, subisce l’omicidio del padre. Rifiutandosi di vendicarlo alla vecchia maniera, Sebastiano viene considerato un vigliacco, finché sarà costretto, anch’egli, a rifugiarsi sui monti, dopo avere ucciso il membro di una potente famiglia di pastori sequestratori. Braccato dai Carabinieri e dai suoi nemici personali, dovrà rinunciare ad una vita normale, ad una possibile professione, all’affetto della madre e all’amore della fidanzata.
Ambientato in una Sardegna postbellica, ancora dominata da leggi millenarie, più forti di quelle della Repubblica Italiana, il film di Cabiddu è interessante per circa due terzi. Nel finale, prima si perde, poi tira via fin troppo. Ma il risultato complessivo è comunque decente.
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