Regia di Song Peng Fei vedi scheda film
Solitudini, sventure e disperazioni che si incrociano nel formicaio vorticoso e labirintico della metropoli cinese, tra le macerie di una povertà che si cerca di nascondere, ma che non per questo cessa di esistere.
FESTIVAL DI VENEZIA 2015 – GIORNATE DEGLI AUTORI – MIGLIOR FILM
Nella Pechino delle periferie degradate che, volenti o nolenti, cedono il posto inesorabilmente e senza soffermarsi sul destino dei precedenti occupanti, a quartieri residenziali frutto di speculazioni edilizie sempre più sfrontate, seguiamo le esistenze di due individui in particolare. Come due insetti infinitesimali all’interno di un formicaio di vite votate al puro sostentamento, ecco che dai sotterranei di una costruzione fatiscente e popolare, dai cunicoli tortuosi e troppo bassi per un’altezza di un umano adulto, spunta, tra gli altri, la figura smilza e scarna di un ragazzo taciturno, che trascorre le giornate sul furgoncino scassato necessario per permettergli di prelevare oggetti e mobilio da case in via di demolizione, per poi rivenderle lucrandoci quel poco per poter sopravvivere.
Quando un giorno il ragazzo rimane ferito agli occhi in seguito al crollo improvviso di un rudere da cui cercava di prelevare oggetti, il ragazzo rimane cieco per qualche giorno e, per orientarsi all’interno della sua casa-cunicolo. Utilizzerà una fune, elemento che gli farà incontrare finalmente dopo tanta solitudine, un personaggio con cui finalmente potersi rapportare: una spogliarellista che ne prova compassione, e forse via via qualcosa in più. Alle vicissitudini giornaliere di costui si alterna la disperazione di un imprenditore squattrinato che si è indebitato completamente nella realizzazione di alloggi che nessuno vuole e che proprio per questo, e per la conseguente mancanza di caparre, egli non riesce ad ultimare.
Nella primavera potente che tenta di riappropriarsi - col suo manto verde che non desiste né si arrende ad aree decisamente poco ubertose - delle distese di detriti polverose e senza vita, due vite precarie e succubi, dunque vulnerabili anche in seguito ad un semplice acquazzone che si infiltra nei cunicoli già di per sé poco adatti ad ospitare vite umane, si dividono parte di uno scenario che indubbiamente, pur nella sua drammaticità, presenta scorci affascinanti e di sicuro impatto.
La quasi assenza di dialoghi, la volontà di filmare il procedere incessante del lavoro di questa massa di esseri viventi che non si discosta, in una visione d’insieme, dalla vitalità senza sosta di un formicaio brulicante, ricorda, ma molto da lontano, certi tratti del cinema (meraviglioso ed ineguagliabile, quello) di Tsai Ming Ling: ma Underground Fragrance non ne possiede in verità la potenza, che si intravede a tratti, peraltro saltuaria ed occasionale, solo in brevi sequenze, non sufficientemente sorretta da personalità e caratteri a tutto tondo in capo ai personaggi che abitano l’opera, né tantomeno da riprese che ne riescano ad eguagliare, come nella filmografia di quest’ultimo grande autore, l’emozione di fondo.
Splendido invece il manifesto, che riassume in uno sguardo potente il meglio dell'atmosfera opprimente degli ambienti chiusi e labirintici ove vivono due dei protagonisti.
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