Regia di Antoine Cuypers vedi scheda film
Il pregiudizio è non voler vedere. È giungere alle conclusioni senza tenere conto della realtà. Cédric si oppone a questa via di comodo. Lo fa con tutto il suo cuore da bambino. Con tutta la sua estrosa follia.
Cèdric non è normale. Eppure viene (mal)trattato come se lo fosse. Rimproverato e punito per le sue stranezze e intemperanze. Escluso e deriso dai suoi genitori, fratelli, parenti. Guardato con rabbia o disapprovazione. Forse sarebbe meglio comprenderlo, o magari compatirlo. Gli farebbe meno male. Lo farebbe sentire a posto. Invece, per lui, non ci può essere pace, né ascolto, né solidarietà. È un bersaglio di continui rifiuti, viene zittito in ogni occasione, i suoi desideri sono ignorati. Quel ragazzo quasi uomo, quell’adulto un po’ bambino è il buco nero che risucchia tutta l’attenzione, ma solo per trasformarla in un abisso di disagio. La sua unicità sognante è un modo di stare al mondo che non piace a nessuno. La sua fantasia è considerata malata, anche quando è piena di humour e di poesia. La diversità fa paura, soprattutto nel momento in cui sfida l’intelligenza, e si insinua, genialmente, nelle pieghe trascurate della sensibilità umana. È la provocazione che nessuno accetta. L’increspatura dell’evidenza che tutti vorrebbero spianare con la prima scusa che viene in mente. Un problema non è mai una risorsa: questa sembra la desolante idea di fondo, che accompagna l’imbarazzata atmosfera di una riunione di famiglia, che ognuno, in cuor suo, vorrebbe si svolgesse all’insegna di una rassicurante e convenzionale noia. Dovrebbe essere una festa celebrata tra le gioie stereotipate dell’annuncio di una prossima nascita e la manierosa cortesia degli scambi di notizie, di chiacchiere, delle domande di rito. Ma Cédric non ci sta. Usa il proprio io sfrenato e sincero per spezzare gli schemi, per costringere i convitati ad uscire dai loro ruoli abituali, e sperimentare finalmente un’emozione vera, inattesa, incontrollata, come quella che lui stesso prova, di fronte al mistero del mondo. La sua forza è riuscire a riempire la curiosità di progetti, fare di ciò che non si sa un veicolo per l’immaginazione. Invece, intorno lui, i percorsi sono obbligati, le iniziative sono ferme alla fase di verifica razionale, che le uccide se non sono conformi alle regole. La lezione di Cédric è un giocoso esempio di creatività esistenziale, che fa del lasciarsi andare un uso sapientemente artistico, sempre disciplinato da un originale senso della bellezza. Programmare un viaggio in Austria sulla scia di una grande mappa-collage. Proporre indovinelli spiazzanti. Convertire la tensione in scherzo. Oppure restare immobile e indifferente, mentre tutti gli altri si affannano. Per Cédric il contrasto è la dimensione naturale dell’essere; è lo specchio del suo carattere dissonante, il riflesso degli accordi stridenti del suo pensiero, un fine strumento amplificatore delle più piccole sfumature dell’anima, istrionico megafono dell’inquietudine che dà sapore alla vita. Per un attore non è facile interpretare la sua parte, così densa di dettagli espressivi che fanno vibrare ogni singolo attimo, violando sfacciatamente l’educato silenzio del non saper cosa dire. Cédric riesce ad esserci, sempre, scacciando a viva voce i fantasmi dell’oblio, del pudore, di tutte le forme di rimozione della realtà, soprattutto della pietosa pratica della menzogna a fin di bene. Solo lui ha il coraggio di abbandonarsi al furore puro. Di essere sconveniente, disobbediente, arrogante per forza maggiore. È lui la migliore risposta alla compostezza borghese, ai legami affettivi visti come taciti impegni a stare insieme e far del proprio meglio. È autentico, ribelle e selvaggio come le erbe spontanee. Quelle che, facendosi odiare, calpestare e strappare, finiscono per ispirare un’infinita tenerezza.
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