Regia di Massimo D'Anolfi, Martina Parenti vedi scheda film
Cos'è una Cattedrale? Poggia, cresce, sostiene il proprio peso, distribuendolo, e il tempo che passa, rinnovandosi come corpo vivo, ma per procura. Vivi sono i monti che le danno le ossa, vive sono le persone che l'innalzano per gloria e superstizione. La città le brulica attorno, il cielo basso le accarezza le guglie, il muschio sottende le crepe.
La corsa al cielo parte da (sotto) terra.
. I . Scavare il Pieno, Scolpire il Vuoto.
Una cattedrale ( bio-geologica : selve, ruscelli, praterie, cascate, pascoli, torrenti, foreste, pozze, sentieri, strapiombi ).
Fare lacuna di una pendice montuosa, oltraggiarne lo scosceso profilo, il selvaggio boscoso contorno a stagliarsi nel cielo, ricolmarla di scempio, lacerarne i fianchi con lo scandalo manifesto di piaghe aperte come fendent'inferti a ciclopici colpi di maglio colossale, traforarla verminosamente, renderle offesa con l'incessante sferragliare di metallici dinosauri meccanici, i loro sbuffi ai vapori di diesel combusto e i loro versi di cigolante stridore, pervasivo fracasso e ottundente frastuono, martoriarla col proprio quotidiano sudore e col più sporadico e osceno versamento di sangue, e col pieno dei roseo-lattei blocchi marmorei venati delle spoglie vestigia degli abitanti scomparsi e fossilizzatisi di preistoriche scogliere e barriere coralline risalite a vetta e così plasmate dalla spinta incessante del profluvio di magma ch'ebolle perpetuo nello sferic'oceano sottostante la crosta terrestre, scavati dalle detonazioni che rimbombano di valle in valle e vanno a spegnersi nella caligine urbana e industriale della pianura lontana, crearne altro, di vuoto, a 100 Km di distanza in linea d'aria, solcando questo spazio lungo vie d'acqua, prima, e di asfalto, poi, attraverso il tempo che i secoli si protendono ad incidere immemori nell'umana storia, pretendendone in cambio la patina che ne sancisca lo scorrere, il passaggio, la sedimentazione, inscenandone l'imago nascosta di un sogno in esso contenuta e rivelata dallo sguardo dell'artista, scultore e architetto che guida mani e scalpello, scolpendolo - l'incavo di nulla che si erge sulla piana alluvionale di destinazione, un niente che presto dismetterà d'esser tale - a forma delle umane intenzioni a quel cielo rivolte, di sguincio, e al soldo, punto e pure, più fermamente, al sicuro delle umbratili cleriche tasche che fanno cassa al banco.
E, per contropartita, pura bellezza : una cattedrale ( antropocentrica : balconi, guglie, arcate, spioventi, pinnacoli, navate, altari, pilastri, camminamenti, vetrate, absidi ).
“[...] Disegna”, ha detto il cieco. E così ho cominciato. Prima ho disegnato una specie di scatola che pareva una casa. Poteva essere anche la casa in cui abitavo. Poi ci ho messo sopra un tetto. Alle due estremità del tetto, ho disegnato delle guglie. Roba da matti.
Raymond Carver - Cattedrale - 1983
[ trad. ital. R.Duranti : Mondadori ( 1a ed. e Meridiani ) - Leconte - Minimum Fax - Einaudi ( ult. ediz. 2014 ) ]
Ricavare Spazio, Scolpire il Tempo ( come diceva quel russo che se ne intendeva di campane ). Dalla grotta all'antro, dalle spelonche al firmamento, due “Cave of Forgotten Dreams”, due medioevali-moderne-contemporanee Lascaux. E il tronco cavo di un albero più che mai vivo ( le fronde primaverili di un olmo vegliardo che veget'ancora, il seme radicato nell'Anno del Signore 1386, XIV° secolo d.C. ), a temprare e contemplare il cielo, ed altri averni : “Nel mezzo spande i rami, decrepite braccia, un cupo immenso olmo ove a torme albergano, si dice, i fallaci sogni che alle foglie sono sospesi” [ Virgilio, Eneide, VI, 282-284 ].
. II . Ciuffi di parietaria attaccati ai muri ( Live e Studio ).
Più o meno 25/30.000 anni fa, sul finire del Paleolitico, mentre l'Età della Pietra si stav'apprestando a lasciare il posto a quella dei Metalli, all'albeggiare del Neolitico, l'Homo s. sapiens prese a dare immagine di sé al circostante, a performare ulteriormente l'intorno, ad abbellire coi sogni di desiderio ( la caccia, i branchi, le mandrie ) e di considerazione ( proprietà, culto, condivisione, testimonianza ) l'estensione del proprio territorio : inventò la pittura, l'incisione, la scultura, la fotografia, il cinema : da Lascaux ad Altamira passando per Chauvet ( ogni sguardo sul mondo, allora, era una caverna platonica ante litteram : oggi possiamo dire di domare qualche scintilla di quel fuoco ) affrescò con ocra gialla e rossa, colori minerali e animali, selci, ossa, dita, guano, grasso, carbone, palmi di mano le pareti delle grotte ch'echeggiavano su scala maggiore quelle della sua scatola cranica : la grotta è l'immagine ri(s)cavata dal suo stesso contemplarsi e sognarsi ( epigenesi ) del cervello della civiltà umana insorgente.
“Stiamo disegnando una cattedrale. Ci stiamo lavorando insieme, io e lui. Premi più forte”, ha detto, rivolto a me.
Raymond Carver - op. cit.
“L'Infinita Fabbrica del Duomo” costituisce il primo atto, segmento o tassello di un progetto più complesso e articolato esteso a tetralogia dedicata ai quattro elementi naturali della tradizione filosofica ellenica ( che diverrà forse pentalogia, con l'aggiungersi dell'etere, senza però derive mistic(heggi)anti o new-age, o almeno si spera, ma proiettandosi invece e giustappunto oltre il pianeta, nel sistema solare...con i piedi ben piantati a terra...ed ecco che il cerchio è concluso, e riaperto immediatamente, essendo una spirale...).
Allora : la Terra, si. E - anticipandone e contenendo il prosieguo della quadrilogia ( "Spira Mirabilis" ) in fieri e in farsi - l'Acqua : del Lago Maggiore (Verbano) e del suo immissario principale ed emissario unico, il fiume Ticino, e delle di questi prese fluviali e arteriose diramazioni leonardesche, i canali e i Navigli, perché, si, “il Duomo è arrivato a Milano in barca” ( fuor dal contesto dell'opera in questione è rimarcabile l'esperienza dell'Ipposidra, “la Ferrovia a Tiro di Cavalli da TornaVento a Sesto Calende pel Rimorchio Terrestre delle Barche evitando le difficoltose Rapide del Ticino”, a far coprire ai blocchi di marmo un percorso di circa 20 km in 6 ore in vece di 2/3 settimane, rimasta in uso per meno di un decennio - causa il sopraggiunto avvento della rete ferroviaria vera e propria - nella seconda metà dell'ottocento, dal 1858 al 1865 ). E l'Aria : il Cielo sopra Milano. E se non il Fuoco, allora, la Clorofilla, che della Fornace solare si nutre : gramigna ed erbe pioniere a stabilirsi nelle crepe del marmo corroso dalla pioggia, dal vento e da tutto quel tempo ad accumulare humus e terreno fertile fatto di polvere, polline ed esoscheletri, ai piedi delle colonne e delle statue accatastate a riposo, in attesa e dimentiche nei loro ossari di pietra, marmo e granito, camposanti senza tombe né lapidi, solo orme, impronte e memorie a guisa di santi, cimiteri in nuce. E uomini che ne raschiano via, di terra, l'ammonticchiarsi costante : il loro levar lo strato fertile e scuro che di giorno in giorno affossa le pietre è una sfida ciclica al tempo.
. III . il Biancore della Rena.
Più o meno nello stesso periodo in cui dava al segno un significato, l'Homo s. sapiens dismise l'unicità della spelonca e prese ad erigere da sé i propri scafi protettivi stabili ( da cacciatore-raccoglitore a pastore-allevatore-agricoltore ), le personali specifiche conchiglie : trasformò il giaciglio dell'accumulo di tronchi autosostentantisi che fin'allora costituiva il fragile bozzolo tessuto contro le intemperanze dei cataclismi e alla fame delle fiere in un'architettura definibile abitazione, edificio, casa, e da quel “momento” l'habitat naturale venne performato a immagine/somiglianza e piegato alle esigenze della specie animale predominante dal PdV della consapevolezza della propria coscienza : il riparo, il guscio, il focolare, l'argine al mondo, divenne un'estensione del sé : sostituì all'architettura naturale quella antropica inaugurando di fatto l'antropocene ( la cornice dello specchio scuro in cui la specie umana contempla sé stessa e l'universo ).
Ma il sé abbisogna da sempre di un rifugio ulteriore, proiettato verso l'oltrefondo immenso e sterminato della volta celeste notturna infinita, l'abisso inconoscibile che spinge o verso la conoscenza o verso il suo contrario, la fede.
Ed ecco il passo successivo : luoghi in cui abitare, luoghi in cui sognare e immaginare il futuro, luoghi in cui sperare nell'oltre : la sterile corazza e il mesto ricovero dei luoghi di culto : dalle laicissime aree di sepoltura, il Segno del proprio passaggio sulla terra ( oltre alla propria discendenza ), agli spropositi pornografici e ai vituperi sacrileghi delle Cattedrali.
“Ora mettici un po’ di gente. Che cattedrale è senza la gente?”.
Raymond Carver - op. cit.
Possono essere i lussureggianti a precipizio confini meridionali ( Candoglia, Mergozzo, Verbano-Cusio-Ossola ) della selvaggia Val Grande protetta dai Corni di Nibbio o le propaggini settentrionali del più addomesticato e finesettimanale Mottarone con le sue dolci coste che terminano (Monte Camoscio) a picco su Baveno ( o come il Montorfano sul Toce ), oppure Botticino in Val Trompia virando a nord-est o le Apuane tutte dirigendosi a sud-ovest e scorgendo il mare, e via'ncor di questo passo, pendice dopo pendice, versante su versante, candelotto per candelotto, di fresa in fresa : ma sempre, quello che si presenta alla vista, quando s'incontrano queste ferite aperte lungo le falde dei monti, squadrati, squarciati e intagliati come titanici quarti di bue, vuoi da uno scorcio autostradale, vuoi da una svolta improvvisa di tornante da un angolo cieco di una provinciale che s'inerpica spiraleggiando indomita dove anni prima solo a dorso di mulo si arrivava per uno scopo che non fosse viaggio, ma al soldo del salario, vuoi da un punto d'osservazione più privilegiato quali un poggio, un passo o una balconata alpina o appenninica, è il biancore ''innaturale'' della forgia sesquipedalica, dellla mastodontica fucina a freddo, che cattura tutta l'attenzione rettilica del viaggiatore sorpresosi minuscolo di fronte all'immane scempio metamorfico che si fonde, sbriciola e ricompone sotto il peso dei millenni e il passo delle ere : dalle spiagge sabbiose alle cime e alle creste delle catene montuose.
. IV . Dettagli, Venature.
Regia, Trama/Scenario e Montaggio : Massimo D'Anolfi e Martina Parenti.
Fotografia e Riprese : Massimo D'Anolfi.
Suono in Presa Diretta : Martina Parenti.
Produzione : Montmorency film ( in collaborazione con Rai Cinema ).
Distribuzione : Lab 80 Film.
Formato di Ripresa e PostProduzione : 2K ProRes 4444 - DVC-pro HD (1920x1080).
Formato di Proiezione : DCP - BluRay disc.
“La vita non è la realtà: siamo noi che infondiamo vita nelle pietre e nei ciottoli.” - Frederick Sommer
Musiche e Montaggio del Suono e della Colonna Sonora : Massimo Mariani.
La partitura di Massimo Mariani c'immerge sin da subito in un mondo altro-accanto-(s)conosciuto di fabbriche in produzione e lavoro in realizzazione degna dei ciangottii acquo-metallici udibili oltre le pareti della camera rococò di “2001: a Space Odyssey” ( diorama alieno, xeno-astronave/monolito ricostruente un luogo sicuro, un asilo accogliente all'altro capo dell'universo, una versione trascesa, ''magica'' ed iper-tecnologica dell'Hilton in orbita e sul suolo lunare ) o alla Beckton GasWorks [ la fabbrica del gas in dismissione situata poco fuori Londra, tra il City Airport e un'ansa del Tamigi, progettata dagli architetti tedeschi del Bauhaus ( Gropius, etc…) emigrati in tutto il mondo, e col tempo fino in VietNam, per conto francese ] di “Full Metal Jacket” ( compositore : Abigail Mead, ( pseudonimo di ) una delle figlie di Kubrick ).
“I poveri sono tali sempre, in abbondanza e in carestia: vivono in catapecchie e costruiscono cattedrali.”
Testi e Didascalie tratti da : “Milano in Mano” di Guido Lopez e Silvestro Severgnini, e da : “Storia della Veneranda Fabbrica” di Carlo Ferrari da Passano.
Con “Louisiana - the Other Side” di Roberto Minervini, "Mediterranea" di Jonas Carpignano, “Bella e Perduta” di Pietro Marcello, “gli Uomini di Questa Città Non li Conosco” di Franco Maresco ( e “i Sogni del Lago Salato” di Andrea Segre, “87 Ore” di Costanza Quatriglio, e, in (minima) parte, “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi ), e “Mia Madre” di Nanni Moretti, e “Sangue del Mio Sangue” di Marco Bellocchio, questo “the Never-Ending Factory of the Duomo” costituisce il miglior cinema, in Italia, oggi.
“Se sapessi raccontare una storia con le parole, non avrei bisogno di trascinarmi dietro una macchina fotografica.” - Lewis Hine
“L'Infinita Fabbrica del Duomo” soffre di una minima didascalicità forzata e gratuita che già affliggeva parzialmente "il Castello" ( penso ai cartelli ''indicativi'' inseriti nel corpo dell'opera sui controlli aeroportuali che ne scandiscono il tempo, cortocircuitando - quanto consapevolmente? - le coordinate S/T dello spettatore, come in "the Shining" ), e che tenderà a scomparire quasi del tutto in "Materia Oscura", là dove al potere esecutivo si sostituisce quello ancor più arcano, ermetico e impenetrabile della ''sovranità'' assoluta, dispiegata per fini ''superiori'', sotto forma di laico potere temporale-secolare.
Fenomenale ( nel vero senso letterale del termine : eloquente ) l'ultima scena --- con i 4 elementi all'opera [ pietra-marmo (scultura) , metallo-acciaio (gancio), legno (distanziatore), canapa e nyilon (funi di carico) ], il suono diegetico in presa diretta ( i cigolii della macchina al lavoro e il cinguettar degli augelli ), il doppio PdV della regia ( campo e contro-campo ) - che si trasforma poi nel PdV dell'oggetto ripreso -, e la musica extra-diegetica a commento e accompagno con un proprio valore espressivo, lucido e significante ---, che fa il paio con quella di poco precedente a scalare la cattedrale appoggiandosi al confine di un'impalcatura, con una contre-plongée ascensionale ( o meglio : ascensoriale, carrucolante, d'argano a motore ) che raggiunge il PdV di dio, del creatore del duomo, ovvero l'essere umano, qui raffigurato dai suoi simulacri trascesi...in pietra : le statue dei santi cristiano-cattolici.
Sant'Eulalia, che - d'altri piccioni adornata - giunge infine a “terra, ormai senza guida”.
L'epitome di uno sguardo.
( ↑ ↑ ↑ Capitale ur-Politica ↑ ↑ ↑ ↔ vice-versa ↔ ↓ ↓ ↓ Capitale a-Morale ↓ ↓ ↓ )
. V . Nitrato d'Argento, Polvere di Marmo.
La 5a opera - viandare di biennio in biennio, sempre anno dispari - della coppia formata da Massimo D'Anolfi e Martina Parenti ( i quali come al solito si suddividono con precisione ed equilibrio i compiti di regia, scrittura, montaggio e, con la loro Montmorency Film, produzione ) – binomio inscisso da un terzo componente, da sempre sodale del duo, che crea una triangolazione d'insieme ormai inestricabile ed inestirpabile : il musicista e compositore Massimo Mariani –, dopo due dittici speculari e antinomici costituiti il primo dalla Nazione Estesa dei Comuni, delle Chiese e delle Coppie de “i Promessi Sposi” (2007) - una Docu-Commedia Matrimoniale in viaggio lungo tutto lo stivale del Bel Paese - e dalla trasferta all'altro capo dell'Eurasia ad inseguire i contenutisticamente modesti e farseschi sogni di gloria tragicomica di una manciata di giovani figli di...manager italici ( la Classe...Digerente ) in quel di Shanghai e dintorni ripresi in “Grandi Speranze” (2009), e il secondo dalla tarlante indagine con messa in abisso sulla specificità di due non-luoghi per eccellenza, fenomenali e fenomenologici, due frontiere interne quali l'Aeroporto Internazionale di Milano-Malpensa, cittadella kafkiana in terra lombarda dalle alti torri di controllo a sostituire i pinnacoli d'osservazione in avvistamento d'invasori che oggi non si presentano più in veste d'orda barbara in spinta perpetua sotto le mura ma muniti di regolare biglietto e cravatta d'ordinanza situata a mezza via tra il nulla e l'addio a collegare il niente con la Capitale Morale d'Italia e fortilizio di filo spinato ai tempi del Patriot Act e ampio spazio vuoto tabularasato sottraendo wilderness ad una regione già compromessa in quanto a biodiversità posto tra il Ticino e la Città Metropolitana nella brughiera insubrica ( “il Castello”, 2011 ), e il Poligono Sperimentale di Addestramento Interforze di Salto di Quirra nell'Ogliastra, in parte necessaria occupazione militare del suolo patrio e in parte esproprio di futuro e ricaduta sul territorio civile di rigaglie armamentizie e lacerti chimici ( “Materia Oscura”, 2013 ), ritornando almeno parzialmente sul luogo di un di poco precedente set aperto, ma questa volta sostituendo il Castello ( il film si estende ''attorno'' - emergendo lungo un asse e una direttrice nord-ovest /sud-est, e incontrando lungo questo percorso microcosmi nei quali si immerge con disinvolto pudore -, scavalcandole, alle piste dell'avioscalo in mezzo al nulla, dello spaziodromo di provincia ) con una Cattedrale, viene a situarsi esplosa e diffus'all'intorno lungo l'asse che collega la miniera alla fabbrica, la cava al cantiere, il lago alla piazza, la montagna all'edificio, e che interseca proprio l'aeroportuale non-luogo avionico di cui sopra, aggirandolo.
“E ad esso chiudi gli occhi”, ha aggiunto, rivolto a me. L’ho fatto. Li ho chiusi proprio come m’ha detto lui. “Li hai chiusi?”, ha chiesto. “Non imbrogliare”. “Li ho chiusi”, ho risposto io. “Tienili così”, ha detto. Poi ha aggiunto: “Adesso non fermarti. Continua a disegnare”. E così abbiamo continuato. Le sue dita guidavano le mie mentre la mano passava su tutta la carta. Era una sensazione che non avevo mai provato prima in vita mia. Poi lui ha detto: “Mi sa che ci siamo. Mi sa che ce l’hai fatta”, ha detto. “Da’ un po’ un’occhiata. Che te ne pare?”.
Raymond Carver - op. cit.
Mantenere e conservare, protrarre e posporre: (s)cavatori e marmisti, artigiani e carpentieri, scultori e falegnami, architetti e bibliotecari, ingegneri e restauratori, archivisti e t(u)ribolatori, turisti e sorveglianti, tutti impegnati ( per necessità, per lavoro, per diletto, per passione ) a brulicare - con i loro gesti e le loro funzioni, i loro compiti e le loro mansioni, i loro scopi e le loro ''liturgie'' laiche ( e non, ma queste ultime ''servono'' meno ) - dentro e attorno all'officina viscontea.
D'Anolfi e Parenti non ricorrono al prosaico rigore scientifico duro e puro -[ ch'è ad ogni modo necessario, anche e soprattutto per produrre arte di prosa e poesia ( cinetica, letteraria, musicale, pittorica ), non foss'altro perché senza lo sviluppo scientifico e il non sempre conseguente progresso ''morale'', schiatteremmo tutti a 30 anni su roghi di pece o d'infuocant'infezioni, e non s'avrebbe la mole d'esperienza che fa massa nel corpo della specie-civiltà e non solo del singolo individuo, e ci crogioleremmo, Endimioni e Iperioni, all'opaco sole delle Wuthering Heights, senz'aver cognizione di “O Principio da Incerteza”, None Sinfonie e Inni alla Gioia, "the Monsanto Years" e ”the Marble Faun” ]-, ma, come sempre - ed è un loro merito -, non si adagiano neppure in una facile poetica da strapazzo, quella che utilizza bo(to)li e rigaglie, lacerti e carabattole di analogie e aggettivazioni, tipica del documentario didattico ( lodevole nel suo campo, come lo è ancor più il giornalismo d'inchiesta. Mentre altra cosa ancora è quello industriale, si pensi agli esordi di Antonioni, Kubrick, Olmi...) e del cinematografare lirico -[ l'ellissi è necessaria - l'osso-astronave di 2001 non va certo ''spiegato'' : se non lo capisci ti rimane pur sempre Renzo Martinelli o Michael Bay, loro ti accompagnano mano nella mano per tutti gli oscuri pertugi dell'insondabile scibile cosmogonico, a forza di rime baciate, stai (al) sicuro, con loro -, ma l'elllissi di un'ellissi è solamente Bertrand Bonello, soltanto quello ]-, per ''spiegare'' il mondo ( esterno e interno ) : esattamente ciò che fa il cinema di Frederick Wiseman, in modo opposto e rovesciato, insomma ( mutuando un ''bel'' termine della politica che fu, e che ci fece così come siamo, oggi, nel bene e nel male ) convergendo parallelamente : indagano i dispositivi e le dinamiche del reale, restituendocelo altrettanto complesso ma non complicato, ce ne fanno intuire l'evidenza, e riconoscere il segreto.
. VI . Homo Faber, Cantiere Aperto.
Il loro è da sempre un cinema esplorativo, di campionamento, carotaggio, recupero e riassemblamento, che sfrutta dispositivi pre-esistenti ( avvenimenti in corso, materiale d'archivio, procedure in atto ). Un cinema si totale ma pure - e mai come questa volta lo risulta - parziale, incompiuto ed imperfetto. Senza, si badi bene, però, mai, un'ombra di pareidolia : è quel che è, la poetica è già presente in loco, gli autori si ''limitano'' a testimoniarne l'essenza : nessuna sovrastruttura a mascherare l'arbitrio umano interviene a mistificare il senso e il significato di quel che accade davanti e attorno alla MdP.
Per raccontare una Cattedrale colossale, o, meglio, la Fabbrica estesa che ne mantiene l'essenza, D'Anolfi e Parenti virano al minimalismo epico : poteva essere, per l'appunto, un ''kolossal'' [ non dico ''ad ufo'' ( Usum Fabricae Operis ) - sembra quasi che il marmo da Candoglia a Piazza Duomo vi venga teletrasportato -, ma quasi a costo ''zero'' ] : riprendere le esplosioni, l'immane macchinario all'opera, seguire il tragitto su rotaia e gomma, andare di ''repertorio'' per quanto riguarda la canalizzazione verbano-insubrico-ticinese dei navigli [ magari con una puntatina alle rovine dell'ipposidra (-vedi note nei commenti-) inglobate dalla vegetazione, rovine di una parentesi della storia che per un po' ne ha tenuto il passo ].
Ma io ho continuato a tenere gli occhi chiusi. Volevo tenerli chiusi ancora un po’. Mi pareva una cosa che dovevo fare. “Allora?”, ha chiesto. “La stai guardando?”. Tenevo gli occhi ancora chiusi. Ero a casa mia. Lo sapevo. Ma avevo come la sensazione di non stare dentro a niente. “È proprio fantastica”, ho detto.
Raymond Carver - op. cit.
Ma non di solo marmo vive il Duomo di Milano, anche di riproduzioni ( calchi in lattice, gesso e vetroresina ) e di cataloganti schedari [ negativi protetti da carta velina ( si ripensi a “Materia Oscura” ), volumi rilegati in pelle che contengono oboli e donazioni di mecenati e popolani ( gli ultimi, gli umili(ati), gli offesi ) e singoli apporti architettonici – con relativa remunerazione - di sponda ( Leonardo Da Vinci e il tiburio ) magari rimasti solo sulla carta ], e di visitatori. O di passanti che, una volta tanto, alzano lo sguardo al cielo volgendo gli occhi alle guglie che lo puntano, solide basi ben piantate in terra.
Mentre il cinema di D'Anolfi e Parenti vive di una collezione infinita di facce immediatamente riconoscibili a pelle come nostre simili, a raccogliere tutto il meglio e il peggio di noi, indistintamente riprese a destreggiarsi tra il tragico inconsapevole o combattuto e il ridicolo sbandierato o incassato.
"La prosa è architettura" - Raymond Carver
L'infinito (l'immortalità) non è un traguardo, né un auspicio, ma una ricerca perenne, uno sprone, un'occasione profondamente ( e scientificamente ) uman(ist)a.
Uno dei mali maggiori prodotti dall'antropocene, in un continuo balletto di folli contrappesi che si librano sulle bascule e i trabucchi del compromesso storico coi benefici, è la banalizzazione del paesaggio, ovvero la perdita irreversibile di territorio fertile e di biodiversità : D'Anolfi e Parenti lottano, ad ogni loro film, con ciascuna delle loro opere, contro una similare perdita di complessità del reale : la loro è una battaglia permanente, di resilienza attiva, contro la banalizzazione dello sguardo.
Portarla a termine [ l'opera, la vita, l'esplorazione, la (ri)cerca ], e immediatamente rifarla, pezzo per pezzo, come fosse un essere vivente.
Quale approccio migliore al testo ( all'architettura, all'edificio, al monumento, e al film ), allora, se non quello di dirigere un'epopea, mi si passi il termine, incompiuta, anche alla luce del completamento dell'opera totale/finale che porta il nome di “Spira Mirabilis”, un poema audio-visivo in divenire.
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--- il Castello (2011) - recensione
--- Materia Oscura (2013) - recensione e post
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