Regia di Alan J. Pakula vedi scheda film
All’alba del secondo dopoguerra, uno scrittore solo ventiduenne di nome Stingo (Peter MacNicol), proveniente dalla Virginia, decide di spostarsi a Brooklyn per stilare il suo nuovo libro. Qui conoscerà due vicini piuttosto inconsueti: Sophie Zawistowska (Maryl Streep), una donna slava tormentata dagli incubi di Auschwitz, da dove scappò dieci anni addietro dopo aver perso il padre e la famiglia, e Nathan (Kevin Kline), un nevrotico biologo ebreo che ha qualche scheletro nell’armadio. "Sophie’s Choice" si presenta in qualità di un’opera multiforme sviluppata su distinte stratificazioni di tempo e superficie. L’inizio non dà un resoconto molto chiaro su tutto ciò che ne consegue, quindi, mentre la trama va avanti, verrà progressivamente a galla la realtà straziante dei protagonisti, in un contrasto di suspense e poeticismo narrati magnificamente grazie all'impronta raffinatissima di Alan J. Pakula. Le interpretazioni dei tre attori riproducono una chimica di ruoli incantevole, legata ovviamente ad un’estensione romanzesca pregevolissima, basata sulla fonte letteraria di William Styron. La Streep infatti si presta in una performance artistica di rara bellezza, riuscendo a parlare polacco e tedesco nei lunghi flashback in cui il suo personaggio era ancora una vittima dell’avanzata nazista, ed elargendo al pubblico lancinanti momenti di tragedia che non possono essere dimenticati; ed effettivamente la storia è tremenda, esposta tenacemente fino all'indignazione della sofferenza. Il regista ed il lungimirante fotografo Néstor Almendros hanno ricostruito tramite immagini dalle tinte sfumate e giallastre (come se filtrate da una vecchia pellicola documentaristica di quel periodo) le trafiggenti parti ambientate nei lager: in quei luoghi infernali Sophie fu costretta a eseguire quell’atroce scelta cui accenna il titolo... Ricercatissimo l’uso dei colori per mettere in netto conflitto presente e passato; dalla villa dalle verniciature accoglienti e vivaci di New York al blu cobalto riflesso sul viso di Sophie nei tristi momenti delle reminiscenze, nulla è lasciato al caso e Pakula non smette di conferire all'effigie una rappresentazione sferzante degli animi ancora logori dagli orrori dell’epoca del Terzo Reich. Nel cast MacNicol si sa intercalare convincentemente nel rapporto di difficile (auto)controllo tra lui e i due coniugi, sebbene a volte ecceda nel coordinare con le misurate dosi di espressività l’emotività inquadrata in alcuni controcampi. Kline (al suo debutto sul grande schermo), in ogni caso, è inappuntabilmente inquietante e trascinante nella maschera del lunatico e “romanticamente violento” Nathan Landau. I molteplici Oscar, Golden Globe e Bafta assegnati, convalidano "Sophie’s Choice" come uno dei film drammatici più memorabili di sempre.
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