Regia di Amos Gitai vedi scheda film
La sera del 4 novembre 1995 il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin viene colpito da tre spari dopo un comizio politico nel centro di Tel Aviv. L’esecutore dell’attentato che qualche minuto dopo gli costerà la vita è uno studente di appena ventisei anni, simbolo di un sottomondo alimentato da odio, tensioni politiche, paranoia e intrighi. L’inchiesta conseguente all’omicidio porta alla luce come su Rabin pendesse una condanna a morte da parte dei rabbini (con le loro leggi talmudiche), dei nemici politici e delle sfere militari, su cui aleggia l’accusa di tradimento.
Amos Gitai racconta l’ultimo giorno di vita di Rabin ricorrendo a un mix di documentario e fiction, che parte dalla ricostruzione filmica del momento dello sparo per convergere in un lungo interrogatorio, in cui tre giudici istruttori coadiuvati da due avvocati (la famigerata commissione Shamgar) torchiano tutti coloro che potrebbero non aver adempiuto al proprio dovere quel fatidico 4 novembre. Attenendosi ai fatti concreti, Giti fa recitare ai suoi attori gli atti dell’inchiesta, concentrata non sui moventi dell’omicidio ma sul comportamento degli agenti nel momento dello stesso, sulle misure di sicurezza adottate, sulla corsa verso l’ospedale e, infine, sul ricovero nel nosocomio e sule cure prestate al leader. Frutto di un lavoro di ricerca di documenti durato oltre due anni, Rabin, the Last Day è al tempo stesso un omaggio alla figura di Rabin (che con Peres diede inizio alle trattative di pace con i palestinesi, trattative spesso arenatesi, rimandate od osteggiate) e un perfetto ritratto della situazione israelo-palestinese. Sebbene scelga di sposare una tesi e di accogliere un solo punto di vista, Gitai pesca nel materiale di archivio delle televisioni del suo Paese per sottolineare la verità dei fatti narrati e si serve del video dell’omicidio, girato casualmente da un amatore, per aprire le danze dei suoi “interrogatori”.
Sebbene rischi di fare un santino dell’amico Rabin, Gitai gioca sull’assenza/presenza del compianto leader e sulla presenza/assenza del suo killer per riflettere sulla violenza quotidiana che in barba a qualsiasi religione (ebrea, cristiana o musulmana) imperversa nell’area. Decisamente lungo e verboso, avrebbe avuto bisogno di qualche taglio del montaggio finale e di un minutaggio inferiore. Applausi di circostanza ma giudizio poco più che sufficiente.
RABIN, THE LAST DAY (2015) by Amos Gitai [excerpt] from Richard Lormand on Vimeo.
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