Regia di Oz Perkins vedi scheda film
L'opera prima di Perkins, un magnifico racconto di formazione al contrario
Lo ricorderemo sempre Anthony Perkins: ragazzotto timido da provincia americana, circondato da animali impagliati o con una coperta addosso e lo sguardo d’assassino; indelebile nel ruolo eterno di Norman Bates in “Psyco”, capolavoro inarrivabile di sir Alfred. Perkins nel 1992 morì di aids (si può dire o è ancora tabù?), aveva sessant’anni e una quarantina di film alle spalle. Sua moglie, la modella e attrice Berry Berenson, morì l’11 settembre 2001 su uno dei due aerei che si schiantarono contro le Torri Gemelle di New York. Il tema della perdita è centrale nel film d’esordio del figlio d’arte Oz Perkins, non a caso.
Il film si apre su un paesaggio innevato, gelido e deserto, che racchiude in sé la sparizione di due coppie di genitori, quasi fossero stati dissolti dal freddo dell’inverno. Al posto di rassicuranti figure parentali compare invece una giacca nera (titolo originale, “The Blackcoat’s Daughter”) come un inquietante surrogato. E la letteratura fantastica otto-novecentesca ci insegna che le giacche nuove possono, talvolta, odorare di zolfo. La giacca si tramuta – letteralmente – in un’ombra nella quotidianità grigia della giovane Kat, che vede in essa l’unica presenza amica in un deserto di relazioni che assomiglia a una strada bianca e vuota. Bianco, grigio e nero sono i colori del film, insieme al rosso. Perkins realizza un dipinto fosco e delicato, come la caligine che esce da una stufa a carbone: tutto è chiaro fin dall’inizio ma, come Rose (l’altra protagonista), non riusciamo bene a metterlo a fuoco a causa della penombra e della foschia. Ecco allora che la ricerca di sé diventa ricerca dell’altro, destinata però al fallimento più rovinoso e disperato. Perché anche le ombre rassicuranti dell’infanzia si diradano e scompaiono coi raggi di sole dell’età adulta, quando si rimane da soli con se stessi e coi propri demoni. Senza guide né punti di riferimento.
L’opera prima di Perkins è un magnifico racconto di formazione al contrario, che ricorda molto da vicino, per temi e stile, “The Witch” di Robert Eggers, sempre del 2015. Entrambi alle origini – insieme a “It Follows” dell’anno prima – di un nuovo cinema horror americano, originale, potente e maturo.
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