Regia di Oz Perkins vedi scheda film
Ogni cosa al proprio posto per un o degli horror migliori degli ultimi tempi.
In un collegio femminile ad inverno inoltrato le allieve tornano a casa propria lasciandolo completamente vuoto, soltanto il personale di servizio e due ragazze restano. Intanto lungo una desolata strada notturna una coppia concede un passaggio ad una strana vagabonda.
Un film tutto sommato commerciale anche se fa strano a dirlo visti i suoi colleghi al giorno d’oggi, film di solito schizzati a cento all’ora e senza troppo tempo per inquadrature di almeno un secondo intero. Per questo February fa la sua figura così coraggioso nel prendersi i suoi tempi e senza preoccuparsi tanto di mantenere un’inquadratura quanto di renderla col più emblematico valore possibile, perennemente in penombra e dove la luce s’accende solo quando rifratta dalla neve.
Le atmosfere fanno da padrone in un’angosciosa perenne sensazione che qualcosa di terribile stia per accadere, come Bergman fosse in agguato lì da qualche parte a dare conigli. L’orrore c’è nella sua forma più straniante esplodendo in attimi spietati ed improvvisi più come pugno all’occhio ed al cuore che come sconquasso d’un’alzata di volume, l’orrore è tutto in realtà perché le scene più tremende non varrebbero senza la trama che a sua volta senza quelle esplosioni tremende avrebbe ben altro sapore. Un’opera d’arte in poche parole macchinata in ogni attimo dall’inizio alla fine acché arrivasse a quell’idea finale, un film di genere di certo e di certo senza alcuna riverenza per il pubblico. La trama ti viene incontro sì ma con un rispetto per il mezzo non da poco e con il merito particolare di aver qualcosa da trasmettere, un messaggio da dare confezionato in uno stato d’animo che quasi esce urlato dai protagonisti.
La ciliegina sulla torta sta nell’interpretazione delle tre protagoniste, Emma Roberts naturalmente mai riesce a deludere e si sa che le si può dare qualsiasi ruolo, sorprendenti sono state le due più piccole: una perennemente sul punto d’esplodere; una atteggiata al pari d’una squillo appena uscita dal bordello e l’ultima troppo mite per i toni della storia, insolitamente mite.
Insomma il perbenismo e la religione che da rifugio contro il male diventano distanza ed incomprensione dove ognuno si ritrova nel suo limbo. In questo limbo il prete si crede onnipotente; la devota servitù si sente appagata a dispetto di tutto; e – tra le indifferenti collegiali – c’è chi si ribella e chi nella generale cecità marcisce.
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