Regia di Peter Landesman vedi scheda film
L'aspetto più pregnante dell'opera seconda di Landesman risiede non tanto nella lotta fra il “Davide” neuropatologo e il “Golia” della Lobby del football americano, quanto nella contrapposizione con un'intera società “spasmodicamente” dipendente dal popolare sport, alla cui attrattiva pare non risultare immune nemmeno la compagna dello stesso protagonista. Difatti la denuncia dei danni cerebrali provocati dai rovinosi contatti, seppur contribuisca ad aprire una breccia sul sistema e a gettare luce sulla necessità d'indagare l'emergente morbo allo scopo di porvi rimedio, non scalfisce l'interesse diffuso verso il seduttivo, ma brutale spettacolo. Il tremendum et fascinans dei circenses prevale sull'istanza morale, la tensione verso il negativo sulla ricerca del giusto, così come esemplificato, nella parte conclusiva, con la sequenza dello scontro fra due giocatori in erba. Immagine davanti alla quale lo sguardo assorto d'Omalu lascia intuire la crisi d'un ideale, il crollo delle aspettative nutrite nei confronti d'una realtà sociale, rivelatasi tutt'altro che il luogo dove realizzarsi.
La pellicola sconta una visione “provincialistica” nel modo in cui il regista limita l'analisi del carattere umano al contesto statunitense, reiterando uno schema ampiamente abusato negl'anni passati (il cliché dell'illusorio sogno a stelle e strisce). Rimane comunque apprezzabile sia per il tema sopra enunciato che per la cifra stilistica, misurata e mai sopra le righe. E di 'sti tempi non è poco.
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