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Certain Women

Regia di Kelly Reichardt vedi scheda film

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La recensione su Certain Women

di leporello
8 stelle

    Certe donne, come Laura, avvocato (meglio: avvocata. E’ Laura Dern, quella che qualcuno: “Oh, sì, quella di Jurassic Park!”), non si capacitano: per mesi (otto), senza un sorriso, difendono una causa persa, persa da un uomo, un brav’uomo, innocente, ipovedente per colpa di certo libero mercato del lavoro. Lo difende senza speranza, è lei la prima a non dargli la speranza che sa (lei) di non potergli dare. Ma deve aspettare che arrivi un avvocato uomo, uno con la barba, quindi senz’altro uomo, prima che l’altro uomo, colpevole di troppa ingenuità ipovedente sin dall’inizio, possa rassegnarsi a quel che lei, avvocata donna, ha cercato di spiegargli senza verso per otto lunghi mesi, salvo protrarsi in generosità e attenzioni milkshakerate alla vaniglia, tipicamente femminili e quindi il più delle volte non dovute, dentro una prigione per soli uomini.

 

    Certe donne hanno un marito. Anche questo con la barba, e che forse ogni tanto è stato amante di un’avvocata, giusto il tempo di impallarla mentre lei è inquadrata (piccolissima) dentro uno specchio tondo,  intanto che si rinfila (lui) le sue mutande spettinate da uomo. Queste si chiamano Williams, come un noto after-shave d’antica memoria. Michelle, di nome. E’ quell’attrice che, disponendo  della decima parte delle tette di Marylin Monroe, è stata l’unica ad avere il coraggio di accettare di recitare il ruolo di Marylin Monroe in un film, e che ci è riuscita come nessun’altra avrebbe saputo fare (non è un caso che la Reichardt l'abbia voluta più volte nei suoi film...). Certe donne come questa  (Michelle Williams è Gina, nel film), non capiscono perché tocchi sempre a lei fare la parte del cattivo (cioè, della cattiva). Poi le basta saper interpretare un attimo, spontaneamente, tradurre in umano e in un lampo  la risposta delle quaglie (“How are you? How are you?” domandano trillando i pennuti maschi. “I’m just fine! I’m just fine!” pigolano le loro femmine, nascoste tra l’erba e le pietre di arenaria), ed ecco che l’uomo/maschio le cede il passo, e i diritti, e le pietre. Ammirato, sorpreso,  nemmeno lui sa perchè.


   A certe donne (come Lily Gladstone) non serve nemmeno un nome dentro il loro film, e costoro non sanno nulla di più dei loro cavalli, della fattoria, del trattore che guidano in mezzo alla neve e di quello strano cane quasi senza zampe che gli corre dietro come impazzito, delle balle di fieno, delle stalle, di una pelle che è sua, che è stata sua, e che è stata rossa molti Presidenti prima. Poi, una sera, entrano per caso in un aula di doposcuola, senza iscrizione, senza motivo, e forse più tardi, sopra un cavallo montato in due, si innamorano dell’insegnante che cavalca con loro seduta dietro, e che poi  scompare, e che rincorrono ostinate e disperate senza sapere nulla di cosa sia l’omosessualità, senza sapere nulla delle quattro ore d’auto che raggelano il cuore dopo il tepore di un fast food dove non si mangia nulla, dove c’è fame solo di sogni e di riscatto da non si sa cosa, prima di tornare senza un lamento alla loro vita fatta di cavalli e di strani cani.


    A certe donne, come la regista Kelly Reichardt che firma questo suo nuovo, splendido film suddiviso in tre episodi, piacciono i treni, i luoghi con poca gente, la gente di poche parole.
 Anche stavolta nelle sale italiane il suo film non si vedrà. Non la si è vista mai, salvo qualche concessione festivaliera qua e là (Torino, Venezia) che puzza di presa in giro, che grida vendetta e maledizione. Ma forse certi pubblici non meritano tanta sublime modestia, tanto preziosa onestà e rettitudine di mestiere, tanta arte e raffinatezza d’animo, magari perché certe donne, in Italia, sono pronte a correre due/tre volte, pazze di Pazza  Gioia, a vedere (e pagando) le Ramazzottate Brunito-Tedesche firmate dai Beati Paoli Virzì, convinte di vedere al cinema qualcosa che abbia davvero Profumo di Donna, magari come quello raffermo e imbolsito della speriamo-non-presidente Clinton, e della sua America che a certe registe come la Reichardt riserva solo qualche ritaglio di attenzione il lunedì sera tardi.


Sveglia, signore e signorine: “Certain Women” dobbiamo esserlo noi per prime.

 

Anche su mamononmamo.blogspot.com

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