Regia di Mario Mattòli vedi scheda film
L'importanza di questa commediola che rivela immediatamente gli anni che ha risiede tutta nei contenuti profetici dell'intreccio: un uomo qualunque con velleità artistiche diviene famoso grazie a un caso di cronaca nera e decide, entusiasta, di cavalcare l'onda dell'improvviso 'successo'. La società - non solo italiana, occidentale quantomeno - di quindici-venti anni dopo, rimodellata sulle strabordanti influenze della neonata televisione, è già perfettamente descritta in questa sceneggiatura, che in effetti porta firme numerose e di ottimo livello: oltre a quelle, accreditate nei titoli, del regista (qui al suo primo grande successo) e di Vittorio Metz, ci sono quelle di umoristi del calibro di Vincenzo Rovi, Marcello Marchesi, Steno e Vito De Bellis. Voci vorrebbero poi che a collaborare con qualche intervento e gag ci fossero anche Guareschi e Fellini. La comicità di Macario è frizzante e sbrigliata, ma la sua natura macchiettistica-teatrale la farà invecchiare molto in fretta, tanto che l'attore già dal (secondo) dopoguerra finirà nel dimenticatoio molto in fretta; per questo un film del genere, pur interessante da un certo punto di vista sociologico, ma sempre spicciolo in quanto a scrittura della storia e realizzazione, non rappresenta una vetta nè per la carriera del comico piemontese, nè per quella del regista. Di spalla ci sono caratteristi del cinema di quegli anni e validi interpreti teatrali come Ernesto Almirante, Enzo Biliotti, Carlo Rizzo. 5,5/10.
Accusato ingiustamente di omicidio, un infermiere pasticcione riesce a cavarsela, ma attira l'opinione pubblica su di sè: niente di meglio per lui, che da sempre sognava di diventare un cantante famoso. E' arrivata la sua grande occasione.
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