Regia di Mario Mattòli vedi scheda film
Un infermiere, che si atteggia a donnaiolo per attirare l’attenzione di una collega, dopo una sera di bagordi rimane coinvolto suo malgrado nell’omicidio di una donna; l’avvocato riesce a presentarlo come il colpevole di un delitto passionale, trasformandolo in un beniamino del pubblico: a quel punto, però, bisogna mettere a tacere il vero assassino che vorrebbe confessare. Macario, con tutto il suo repertorio di vezzi e mossette che tentano vagamente di imitare le movenze chapliniane, non è mai veramente simpatico. Anche le battute sono piuttosto datate (cose tipo “In questo palazzo l’ascensore non funziona” “Ma non c’è nessun ascensore” “Per questo non funziona”), ma suppliscono alla qualità con la quantità: via via che si procede il ritmo diventa sempre più vorticoso e la vicenda assume toni sempre più surreali, fino al puro nonsense. E la satira della giustizia è graffiante, tanto da indurre a collocare l’ambientazione in un’improbabile Parigi ricostruita in studio.
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