Espandi menu
cerca
Tikkun

Regia di Avishai Sivan vedi scheda film

Recensioni

L'autore

gaiart

gaiart

Iscritto dal 30 luglio 2012 Vai al suo profilo
  • Seguaci 32
  • Post 6
  • Recensioni 431
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Tikkun

di gaiart
9 stelle

TIKKUN

 

di

Avishai Sivan

 

 

THE PROBLEM IS THAT LIFE IS IMPERFECT

 

 

La passione viene dal non avere qualcosa e dal desiderio che quest'assenza produce.

 

 

Tiqqun 'olam (in ebraico: ????? ????‎?) è una frase in lingua ebraica che significa "riparare" o "perfezionare il mondo". Tornare a ristabilire ciò che è andato male. Nell'ebraismo il concetto di tiqqun 'olam dovrebbe aiutare ad evitare il caos sociale. E di questo parla la pellicola Israeliana in concorso a Locarno.

Prodotta dal visionario Ronen Ben Tal che, dopo 9 minuti dall’aver letto l’accuratissimo script, ha detto al regista che avrebbe fatto il film, TIKKUN lascia esterrefatti.

Aharon Traitel, nel ruolo di Haim-Aaron, un ragazzo religioso, intellettuale chassidico ultra ortodosso, è il bravissimo attore protagonista, che ha risposto a un annuncio su internet in Israele che ricercava persone che avevano lasciato la vita religiosa.

La sua storia personale è come quella del film. Un’imposizione familiare al dogma diviene ossessiva e provoca nel giovane protagonista dei rifiuti che si avvalorano con il corpo: non mangia più, rifiuta di bere, fino a che un giorno, mentre in piedi in vasca da bagno ha un’erezione, sviene, batte la testa, perde conoscenza e sfiora la morte. In sostanza si spegne lentamente una vita priva di vita.

Tikkun però significa anche che l’anima torna indietro. E così è stato! Tornato alla vita, salvo per un intervento forzato del padre, un macellaio kosher, egli vede tutto in modo diverso. Perde il rigore religioso, non studia più, diviene interessato al sesso, mente.

L’elegante film, girato in bianco e nero, perché è una storia di vita e morte - dice il regista, per cui la riduzione di colori funge anche da metafora per lo spegnimento della vita: quella del ragazzo, che dopo la rischiata morte, perde interesse nell’ortodossia religiosa e vorrebbe tornare a vivere come un giovane normale.

Il film è complesso e tocca diversi temi. Avvolto in se stesso su migliaia di strati sottili, sfogliabili come la pelle di una cipolla.

Il contrasto tra la carne e lo spirito. La prima, nelle carcasse delle mucche appese, il sangue, le budella, anamnesi dei quadri di Annibale Caracci, “Il negozio del macellaio”, Rembrandt, Soutine, Chagall e Bacon. La seconda nella religione e la spiritualità. Ma anche il sesso, la famiglia, la collettività e il singolo, la solitudine seppur in gruppo, il ruolo dell’imposizione e la potenza di certe anime su altre più fragili, la follia consequenziale derivata da una generazione ossessiva di praticare l’impraticabile; tutto questo e molto altro indicibile, non trasmettibile, è Tikkun.

Un film potente, elegantissimo, con colpi di scena e ricerca, una storia drammatica, originale che sfiora la metafisica, la teosofia, la filosofia e l’arte con una scena di courbettiana memoria in cui il protagonista, sfiora l’amore, l’Origine du Monde, nel sesso di un cadavere.

 

 

 

 

 

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati