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Suite Armoricaine

Regia di Pascale Breton vedi scheda film

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La recensione su Suite Armoricaine

di alan smithee
7 stelle

FESTIVAL DI LOCARNO 2015 - CONCORSO

SUITE ARMORICAINE non è un documentario, come appare indicato qui sopra nella scheda, ma un film francese a soggetto di Pascale Breton, cognome peraltro coerente al titolo e all'ambientazione della vicenda: infatti “armoricaine” è l'aggettivo che qualifica la generalità bretone, della Bretagna appunto, dell'argomento che si sta trattando.

Ed infatti troviamo la quarantenne Francoise che torna a Rennes, cittadina bretone, da Parigi, per tenere un corso di storia dell'arte, disciplina che da tempo la vede come insegnante nella capitale. La sua intenzione è quella di riavvicinarsi alle terre d'origine e questa circostanza le permette un sopralluogo esplorativo nei luoghi agresti di una infanzia felice ma ora rimossa o comunque allontanata da troppo tempo. La sua storia si interseca con quella dello studente Jon, che si è iscritto alla medesima facoltà e si innamora di una compagna cieca, dicendo a tutti che è orfano di entrambi i genitori, quando invece la madre è viva e trascorre le giornate come una clochard vivendo di espedienti. Si scoprirà che quest'ultima è stata l'amica del cuore di Francoise, e questo, unito ad una circostanza drammatica, costituirà il trait-d'union per far nascere un legame affettivo intimo ma non sessuale tra i due, che avrà lo scopo mutualistico di aiutare entrambi a scavalcare inibizioni e limiti che ostacolano il cammino di entrambi.

Suite Armoricaine è il secondo lungometraggio della Breton, ed appare riuscito e profondo, seppur lievemente discontinuo o non proprio bene assemblato. I vincoli e le caratteristiche del luogo d'origine da un lato, la difficoltà di accettare una situazione familare al limite dell'iverosimile per il ragazzo, sono trattati con sensibilità e spessore.

A convincere su tutto però è l'interpretazione di Valérie Dréville nel ruolo di Francoise, per noi Pardo per l'interpretazione femminile senza alcun dubbio (e dunque forse proprio per questo non premiata). Pure Elina Lowensohn, vecchia conoscenza di un certo filone cinefilo di registi ispirati e spesso minimalisti, tra cui Hal Hartley, qui nel ruolo della madre accattona e decisamente ingombrante, è davvero brava e convincente.

 

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