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No Home Movie

Regia di Chantal Akerman vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su No Home Movie

di yume
8 stelle

"I film di Chantal non confortano. Scuotono e si orientano di nuovo, mettono me e te faccia a faccia con il tempo che si accumula, alla cui ombra viviamo, che lo sappiamo o no. Questa è la fonte del loro terrore e della loro grande bellezza, una cosa sola"

locandina

No Home Movies (2015): locandina

È in una casa che si è soli. Non fuori, ma dentro. Nel parco ci sono uccelli, gatti. Forse anche uno scoiattolo, un furetto. Non siamo soli in un parco. Ma in casa siamo così soli che a volte ci perdiamo”. Marguerite Duras

Viviamo nell’ombra del tempo che si accumula su di noi e alla fine, nulla.

In No Home Movies, l’ultimo film prima del 5 ottobre 2015, data della morte, Chantal Akerman ha rivelato il suo nocciolo duro, il suo nucleo più intimo e le ferite che, nude, bucano lo schermo.

Reclusione, instabilità e bisogno di non esserci, coazione a ripetere, ossessivamente, tentare di darsi un senso aprendo il frigo in cerca della senape che non c’è, o il gas.

scena

No Home Movies (2015): scena

scena

No Home Movies (2015): scena

Nel 2013 Akerman aveva pubblicato un libro/diario, Ma mère rit, a cui mancavano solo le immagini. Ora le immagini ci sono, in quasi due ore di ripresa del nulla che è tutto, l’interno filmato con camera fissa della casa medio borghese della madre a Bruxelles, tra salotto e cucina, porte aperte e parzialmente socchiuse, tende alle finestre, cene frugali sul piccolo tavolo in cucina a parlare del passato o di sottaceti, come mangi poco, anche tu da piccola, solo una banana in tutta la giornata.

Lessico famigliare.

A volte l’anziana donna è sola e ciabatta a fatica nei brevi spazi (non manca molto alla sua morte e un attacco di tosse segnala che il polmoni stanno cedendo), a volte è con la badante, altre ancora c’è Chantal, ripresa di spalle o al semibuio.

Scrittura filmica e solitudine si fondono, Chantal spiega alla madre, dal video Skype che usa quando è lontana, California, New York, ovunque, che la sta filmando solo per dimostrare che la distanza non esiste.

La distanza non è quella dello spazio, è la trappola in cui la vita a volte ci chiude.

“È in una casa che si è soli. Non fuori, ma dentro”.

Quel dentro dove vive Jeanne Dielman, la sua eroina-capolavoro del ‘75, la casalinga che in tre giorni e due stanze racconta una vita e una dimensione del vivere che ci vuole forza, genio e lucida follia a portare sullo schermo.

Je fais de l’art avec une femme qui fait la vaisselle” (faccio arte per mezzo di una donna che lava i piatti)”.

Trasgressiva e sempre contro, sempre un passo avanti a vedere quello che altri non vedono, nel suo ultimo film Akerman vede la Morte.

In Jeanne Dielman c’era ancora un sussulto di vita, come in Saute, ma ville girato ad appena 25 anni.

Jeanne si prostituisce saltuariamente per finanziare gli studi del figlio, poi torna alle faccende domestiche per non pensare; nell’altro la ragazza finisce per suicidarsi con gesto plateale adagiandosi sui fornelli del gas dopo l’intera giornata chiusa nel cucinino a disintegrare la vita.

In No Home Movies è finito il tempo del racconto, lo dichiara nel titolo, e lo spazio è affollato da una vita che si può raccontare solo con poche sillabe, qualche nome, Polonia, Auschwitz, la vecchia zia, i morti.

Sembra che non ci sia che deserto intorno, come quello che a tratti scorre sulla scena in una ripresa veloce fatta dall’auto in corsa.

Arizona? Israele? Spazio anonimo, ingombrato dal sibilo del vento che sembra ostinato a strappare le ultime foglie all’alberello stecchito in primo piano.

scena

No Home Movies (2015): scena

Chantal registra la presenza della morte.

La vede mentre il tempo quotidiano scorre con le sue minuscole azioni, le parole della convivenza, il perimetro tempo – spazio sempre uguale, inerte, ripetitivo nelle sue liturgie.

Akerman è proustiana nell’evocare emozioni, nel senso del tempo” diceva di lei Antoine Compagnon, professore al Collège de France, e perciò nella post-visione resta sospesa nell’aria tanta dolcezza, e sembra che il tempo sia passato a ondate successive, senza accorgerci.

Scrivere" diceva la Duras "è anche non parlare. Per tacere. Urlare senza fare rumore…”

Un film silenzioso, quasi severo, spoglio di tutto, urla senza fare rumore.

E dentro c’è un dolore infinito e un amore che solo tra madre e figlia.

In quei ciao ciao che non smettono di dirsi alla fine del collegamento, nello sguardo della madre sulla figlia seduta di fronte, in quel suo sorridere, frequente, senza parlare.

"Quando ti vedo così voglio stringerti tra le mie braccia" dice dallo schermo l’immagine sfocata dell’anziana donna, una tenera rappresentante di quel plotone di vecchi, uomini e donne, spiazzati dalla corsa del tempo e costretti ad abbracciare i figli via skype, zoom, meet e compagnia cantando.

scena

No Home Movies (2015): scena

L'editore del libro Ma mère rit lo definì: “ un autoritratto ipersensibile, segnato da una vita quotidiana bruciante, intensa e cruda”.

No Home Movies è questo ma non solo. Vita individuale e vita collettiva si fondono, all’epilogo di una vita è naturale, i ricordi s’incastrano fra loro e l’arazzo si completa, diventano memoria e dentro c’è il senso della Storia vera, quella vissuta, attraversata dalla lunga marcia dei popoli.

Chantal e sua madre, Natalie, due donne e il loro sguardo.

Chantal Akerman

No Home Movies (2015): Chantal Akerman

Questo film formidabile è stato fischiato a Locarno, ma, scriveva un suo caro amico “… il tempo passerà, e lo shock finirà, e guarderemo di nuovo i suoi film, e ... poi cosa? Saremo di nuovoscioccati. I film di Chantal non confortano. Scuotono e si orientano di nuovo, mettono me e te faccia a faccia con il tempo che si accumula, alla cui ombra viviamo, che lo sappiamo o no. Questa è la fonte del loro terrore e della loro grande bellezza, una cosa sola”

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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