Regia di Andrea Segre vedi scheda film
Di là la realtà del Kazakistan di oggi in pieno sviluppo economico; di qua l’Italia dell’altro ieri, del Boom che è solo un ricordo. In mezzo, il found footage, tra home movie, immagini d’archivio e industriali, ad accostare visivamente ciò che sembra troppo ardito unire. Ma c’è il commento dell’autore, onnipresente e onnisciente, a legare tutto il discorso. E lo fa in una maniera così autentica e interessante da far quasi dimenticare la voce off. Così I sogni del lago salato si rivela come uno dei film più personali del cineasta veneto. Anche e proprio perché, ancora una volta, Segre è mosso dal desiderio di conoscere e non fa fatica ad ammettere di essere partito per il Kazakistan senza sapere bene cosa cercare di preciso. Da qui il collegamento e il parallelo tra due realtà storiche così lontane e non poi così vicine. Ma a unirle non è tanto il tratto economico - per cui, viene detto, nel 2014 l’economia italiana è in recessione, mentre la crescita del Kazakistan è al 6%, lo stesso tasso dell’Italia nel 1961, anno dell’EXPO di Torino -, quanto il filtro personale e affettivo del regista. Che dedica molto spazio al mondo delle donne, per esempio tornando spesso al ricordo delle cose dette dalla madre, mentre in Kazakistan seguiamo soprattutto figure femminili. Poi, certo, c’è la realtà dell’ENI che in Kazakistan acquista il gas e qui da noi nel passato lo estraeva. Ma sembra essere quasi un’altra storia, quella che Segre “non” cercava.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta