Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
“Il cinema sostituisce al nostro sguardo il mondo che desideriamo” dice Bazin in apertura. LE MEPRIS –IL DISPREZZO è la storia di questo mondo. Una storia banale e letargica quella messa in scena da J.L.Godard. La rappresentazione della realtà così com’è non funziona. Nessuno biasima il produttore vero Carlo Ponti che censurò i nudi della star Brigitte Bardot e il produttore finto Prokosch impersonato da “Le grand Con” Jack Palance, così ribattezzato per la sua antipatia e inadeguatezza sorta sul set per il metodo Godard. Dal canto suo il regista francese finché si trattava di giocare con l’ideologia o di rappresentare la rappresentazione della medesima (la bellissima scena del playback in sala di “24.000 baci”) affascina e convince, ma se deve destrutturare la crisi di coppia innescata dal vil denaro del produttore-dittatore, i set di Cinecittà o i kolossal annoia mortalmente. L’Odissea va tradotta sul grande schermo fedele a Omero o con degli aggiornamenti moderni di Ulisse e Penelope? Qui sta il dilemma per lo sceneggiatore francese Paul. La sua insubordinazione alle ingerenze del produttore sul copione sono ribellioni al portafoglio del magnate mutuate da gelosie maschili vecchie come l’Odissea. Prokosch può minacciare (con un libretto degli assegni non con la pistola di Goebbels), comprare e conquistare tutti, compresa la bella moglie Camille. Solo lei a dire il vero, perché è una fragile figura piccolo borghese che ambisce ad elevarsi socialmente o meglio alla mondanità. E’ la vita, risponde Camille alle insistenze del marito intellettuale Paul, anch’egli indeciso tra i soldi facili del cinematografo e l’arte dello scrivere. L’amore non conta. Qui le frecciate dell’Alberto Moravia autore satirico e acuto del romanzo si uniscono all’ideologia Godardiana. Quest’ultima resta in superficie, non emerge ed è fuori tema. Allo stesso modo il ruolo del regista sul campo affidata al prestigioso Fritz Lang in vacanza premio a Capri (Villa Malaparte) e Roma lascia perplessi. Omaggio che sa di disprezzo. E’ anche questo che lascia indifferenti nella trasposizione effettuata dallo sperimentale autore francese. La Nouvelle Vague non c’entra niente con il mondo della Hollywood sul Tevere e con il mondo descritto da Moravia. Uno sbadiglio lo ha sottratto alla Histoire du Cinéma.
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